«Il governo dovrebbe riconoscere la Palestina». Eppure, mentre il panorama politico si tinge di un’illusoria unità in vista del referendum sul Jobs act, la leader di PD, Elly Schlein, non si perde d’animo: una riunione è in programma per delineare chiaramente la posizione del partito. Ma quando si tratta di Ucraina, l’impresa di unire il centrosinistra sembra un sogno irrealizzabile. La divisione all’interno dello stesso PD è emblematicamente fumosa, e in queste acque turbolente sembra difficile navigare verso una direzione comune.
Una strategia di unità che traballa
Schlein non distoglie lo sguardo dall’obiettivo, puntando verso le prossime tornate elettorali: referendum e Regionali sono nel mirino. Entro il 10 maggio, si fa strada l’idea di un’assemblea nazionale, ma non di certo per risolvere la crisi post-spaccatura del gruppo di Strasburgo. Sarà invece un’occasione per formalizzare una posizione in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno. Tuttavia, considerando che la spaccatura è ben lontana dall’essere sanata, resta da chiedersi: sarà possibile realmente parlare di unità in questo contesto?
Squilli d’allerta da Landini
Polemiche interne: il grande ostracismo
Ma per centrare l’obiettivo, Schlein dovrà sintonizzare il partito su una frequenza comune, disinnescando le polemiche interne. La proposta di un’assemblea nazionale, in cui sarà messo ai voti il documento sui referendum, assume quindi un significato chiaro: non si può permettere che il partito si frantumi tra progetti di archiviazione della legge di Matteo Renzi e le resistenze di chi si oppone al cambiamento. «Dobbiamo impegnarci tutti nella campagna per il referendum», proclama Schlein, volgendo così uno sguardo severo a chi osasse dissentire.
Il paradosso è evidente: unità di intenti con M5S ed Avs è l’ideale, mentre sotto la superficie ribolle un dissenso palpabile. La domanda che aleggia è: è davvero possibile costruire ponti, mentre si ignora la frattura interna? La retorica dell’unità sembra affondare nel mare di contraddizioni di un governo che fatica a trovare una voce unitaria anche quando si tratta di affrontare questioni fondamentali come il Jobs act.
Futuro delle proposte: realismo o utopia?
Alla fine, quali sono le soluzioni praticabili? Ne abbiamo già sentite di promettenti, presentate con grande fanfare ma spesso rimaste lettera morta. La proposta di riunire le forze e prepararsi alle sfide in arrivo è lodevole, ma dove sono stati i risultati precedenti? La salute della politica è in mano a connessioni fervide e al contempo a promettenti assenze. Non ci resta quindi che rimanere in attesa di un cambiamento che potrebbe rimanere confinato a una propaganda ben poco efficace.
Si prospetta un’eterna lotta per imprigionare le iniziative comuni in un contesto politico che sembra più simile a un campo di battaglia che a una sala di negoziato. La segretaria del Partito Democratico, Schlein, insiste sul fatto che non si può sprecare questa occasione per unire le forze. In un incontro su Rai e l’informazione, ha partecipato con altri leader come Conte, Fratoianni e Bonelli per discutere il tema spinoso della questione palestinese. Il pomeriggio è stato dedicato a una conferenza stampa volta a presentare una mozione unitaria, con la richiesta di riconoscere lo Stato palestinese, imporre sanzioni al governo israeliano e portare a termine il mandato d’arresto per Netanyahu.
Un’unità in costante crisi
La mozione di Conte viene giustificata come un modo per stimolare un dibattito pubblico, mentre egli denuncia un “atteggiamento criminoso” del governo di Netanyahu, un accusa che, a dir poco, stona con il silenzio assordante del governo italiano. La Schlein sottolinea l’urgenza di riportare l’attenzione su Gaza, caduta nell’indifferenza globale, dove si sta vivendo un’apocalisse umanitaria, tanto che l’Unione europea resta ad osservare, quasi in trance.
Divisi e in attesa
Quando si parla di Ucraina, il richiamo all’unità del centrosinistra sembra una chimera. L’impresa è complessa e il Partito Democratico è irremovibilmente spaccato. Ma Schlein attende con impazienza il dopo-regionale, dove si promette un congresso per sistemare le cose tra le fila dei dem. Così, ci si interroga: è questo il segnale che il partito ha finalmente trovato la sua voce unica? O siamo destinati a ripetere cicli di confusione in un teatro di marionette politiche?
In questa danza di alleanze e contro-alleanze, ci si chiede dove siano le autentiche soluzioni. Sono solo promesse da campagna elettorale o c’è un piano concreto all’orizzonte? La realtà è che si naviga in acque tempestose di retorica e incoerenza, mentre la società attende risposte tangibili.
Soluzioni improbabili
Mentre le decisioni oscillano come una bandiera al vento, cosa ci attende? Forse un’altra mozione che porterà a un dibattito senza fine o, al massimo, un cambio di agenda? Forse un tentativo di attuare piani mai concretizzati? E alla fine, il rischio di un immobilismo eterno rimane più che palpabile. Ma chi lo dice, tanto per essere onesti, che le parole non possono sempre rimanere vuote?