Elezioni regionali in Campania, Forza Italia continua a inseguire D’Amato: domani incontro decisivo a Roma

Elezioni regionali in Campania, Forza Italia continua a inseguire D’Amato: domani incontro decisivo a Roma

Si avverte un certo girotondo politico in Campania, dove i partiti si sfidano in un’autentica danza per la ricerca di un candidato adatto alla presidenza della Regione. Da un lato, i vertici di Forza Italia si mostrano irremovibili, ansiosi di trovare un nome che possa abbinare un forte prestigio imprenditoriale a un’alleanza credibile. Sono convinti che il nome di spicco possa attrarre anche i potenziali alleati che, come in un gioco di domino, potrebbero cadere uno dopo l’altro in questa farsa politica. Tuttavia, la realtà è che l’unico nome che continua a essere accostato a questo ruolo è quello dell’ex presidente di Confindustria, Antonio D’Amato, il quale, nonostante le ripetute cortesie, ha gentilmente rifiutato l’invito a unirsi al ballo, citando l’incompatibilità tra il suo venerato status di imprenditore e le umili vesti di politico.

Ambiguità e Rivalità: La Fratellanza Politica

Se non è D’Amato, potrebbe essere Costanzo Jannotti Pecci, attuale leader degli industriali napoletani, ma ci si domanda: quanto possa resistere un’amicizia di facciata intrisa di rivalità sotto il sole cocente della politica campana? Le recenti riunioni tra Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega hanno prodotto più scambi di cortesie che risultati concreti. Sì, si sono incontrati domenica scorsa a Caserta per discutere il programma delle elezioni regionali; però, considerando che queste ultime potrebbero slittare a novembre o addirittura a gennaio 2026, ci si chiede se ci sia un reale senso di urgenza.

Contradizioni Elettorali e Rinvii

Il sottosegretario al Mit e deputato di Forza Italia, Tullio Ferrante, si è espresso sull’importanza delle “ambizioni e delle manovre” di ogni partito del centrodestra. Ma è chiaro che tale retorica nasconde un disagio profondo: l’incertezza su chi realmente possa assumere un ruolo di leadership nella regione. La campagna elettorale sembra essere diventata un labirinto di posizionamenti strategici piuttosto che un programma trasparente per il futuro.

L’Illusione della Compattezza

I tre leader stranamente compatibili si riuniranno di nuovo a Roma per estendere il tavolo arruolando anche l’ex deputato Gigi Casciello. Ma quale sarà il risultato? Il tavolo apparirà ben imbandito, ma le proposte rimarranno sul piatto, pronte per essere servite a chi ha la pazienza di attenderle. Perché, in fin dei conti, la politica non è altro che un grande buffet di promesse non mantenute e opportunità mancate.

In conclusione, se abbiamo imparato qualcosa da questo balletto asfissiante è che le soluzioni concrete sembrano un miraggio. La speranza potrebbe risiedere nell’accettare che la politica dovrà affrontare le sue contraddizioni e rimanere aperta a scelte audaci e reali. Ma a qualcuno importerà veramente? La delegittimazione dei programmi governativi rischia di restare sempre un’opinione condivisa negli angoli bui della burocrazia.

Nella narrativa politica attuale, dove il discorso si intreccia con la retorica, risalta l’autocelebrazione di un partito che si ritiene immuni da confronti e paragoni. Un partito che, forte di un gruppo dirigente composto da parlamentari, sindaci e amministratori locali, esalta la propria «qualità» politica, mentre nel frattempo i cittadini comuni si confrontano con il seguito di promesse mai mantenute. C’è da chiedersi: quanto sia realistico il ritratto che si sono costruiti.

Un’ideologia in continua espansione?

Si autodefiniscono fondatori del centrodestra, ma il loro ruolo nell’allargamento della coalizione rimane un mistero. Se è vero che ci siano stati ampi consensi, come mai sempre più spesso i cittadini avvertono una disconnessione tra le politiche promesse e i risultati ottenuti? La fiducia non è un valore consegnato in eredità, ma è guadagnato sul campo, e ciò che scotta di più è il silenzio che accompagna le sconfitte elettorali.

Solidarietà selettiva?

Il vice ministro agli Esteri, Edmondo Cirielli, decide di prendere posizione dopo un atto vandalico che ha colpito la sede di un partito a Sant’Arpino. La sua richiesta per una risposta ferma da parte della comunità politica è lodevole, ma ci si potrebbe chiedere: dove sono state queste voci quando i cittadini hanno subito atti ben più gravi e sistemici? Una condanna che appare più come un gesto di autoprotezione piuttosto che un vero desiderio di cambiamento.

La chiamata alla ricerca di verità da parte della Procura della Repubblica su un atto di vandalismo, in un clima di tolleranza zero, suona come un surreale paradosso in un contesto dove l’«intollerabile» è spesso soggetto a interpretazioni selettive. La riflessione non può non sorgere: dove finisce la solidarietà e inizia il calcolo politico?

Sono più le parole dei fatti?

Qui emerge il grande dilemma della politica: le promesse, piovute da chi dovrebbe dare esempio di leadership, rischiano di trasformarsi in un gabbia di vuoti slogan. È fondamentale non caderci, nonostante le apparenze. La vera sfida è trasformare questi discorsi in azioni concrete che, ad oggi, restano avvolte nel vago. L’analisi di eventi recenti suggerisce che molti tra le file della politica potrebbero imparare a trattare con umanità le conseguenze delle loro decisioni.

In conclusione, mentre ci si prepara per il futuro, le domande restano per essere esplorate: cosa è realmente cambiato e quali possibili soluzioni si possono applicare? Potremmo iniziare a chiedere che vi sia visibilità su politiche efficaci in altri paesi, che sembrano avere trovato il modo di collegare le parole alle azioni. Con un pizzico di ironia, perché non provare a realizzare qualcosa che vada oltre le convenzioni e sconfigga la monotonia del discorso politico?

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