Un giorno dopo un turbolento consenso nel centrosinistra, le reazioni a un voto non ancora avvenuto si fanno sentire. La recente sentenza sul terzo mandato ha dato il via a un dibattito acceso sulle elezioni regionali prossime, ma, come al solito, la confusione regna sovrana. Da una parte, l’irritazione di alcuni rappresentanti del Partito Democratico (Pd) per la mossa avventata del governatore Eugenio Giani, che vuole anticipare le elezioni a fine settembre. Ma chi lo ha stabilito? Dall’altra, c’è un tentativo di frenare l’operazione da parte degli alleati di Sinistra Italiana, tornati a fare appello a discontinuità e a riesumare la proposta di primarie di coalizione, che non ha mai preso veramente piede. Un po’ come sperare che ricresca l’erba nel deserto.
Un’alleanza che potrebbe scomparire?
Nel frattempo, mentre il M5s è in preda a divisioni interne e i Verdi oscillano tra una certa apertura verso Giani e una rigidità programmativa, è interessante notare come tutto questo avvenga mentre si preparano alle riunioni programmatiche. I M5s a Prato e i Verdi a Fauglia (PI) tenteranno di tracciare una linea che dovrebbe, in teoria, unirli prima di quella chiamata alle urne. Un’unità che aleggia più come una promessa vuota che come un progetto concreto.
Il malcontento cresce
Ma torniamo al partito regionale del Pd. Qui il clima è teso: molti esponenti si lamentano di non essere stati informati della decisione di anticipare le elezioni a 20-21 settembre. Questo è quel che si definisce comunicazione “alla cieca”. Giani, con una certa nonchalance, ha commentato che sarebbe “consigliabile” votare entro la fine di settembre, lasciando così il resto del partito a riflettere se si tratta di un consiglio o di un diktat.
Una coalizione in bilico
Ora, mentre M5s e Verdi si prendono un weekend di tempo per decidere se aderire alla coalizione, il Sinistra Italiana si mobilita. Ma il suo approccio, armato di elmetti e determinazione, suggerisce più una battaglia che una cooperazione. Riusciranno a trovare un qualche tipo di intesa o sarà solo l’ennesima occasione per rivangare promesse mai mantenute?
Infine, sebbene tutti siano a favore di un piano di grande alleanza, ci si chiede quanto questa possa tradursi in realtà pratica e non solo in chiacchiere. Dopotutto, si sa che un bel piano può essere affascinante, ma cosa ne resta se nessuno si impegna a realizzarlo? Proposte, promesse e un pizzico di ironia, tutto ben mescolato in un ambito già di per sé contraddittorio.
Possibili soluzioni o utopie?
Forse la risposta si trova in un radicale cambiamento della cultura politica, più che in un semplice cambio di date e candidati. Chissà se mai si arriverà a un modello efficiente, che risponda realmente alle esigenze dei cittadini, invece di innestare una rincorsa sterile verso il primo posto in lista? Un’idea potrebbe essere quella di ascoltare davvero ciò che vogliono i cittadini, anziché scegliere la data e i nomi e sperare nel miracolo. Ma, naturalmente, chissà se chi è al potere avrà il coraggio di abbandonare le solite pratiche.
Ritorniamo nel bel mezzo della trincea anti-Giani, dove il clima sembra quasi nuvoloso, ma le intenzioni politiche restano chiare. Il segretario regionale di SI, Dario Danti, sottolinea con una nota di determinazione che il tema delle primarie di coalizione è ancora vivo e pulsante, portando a riflessioni su chi dovrebbe realmente incarnare i nuovi contenuti. La sua frase pare quasi un elogio all’innovazione per il bene di una coalizione che, a suo dire, è in attesa di una ristrutturazione che si è dilungata fin troppo. La situazione è così imbarazzante che è oggettivamente difficile immaginare come questa discontinuità possa essersi persino procrastinata.
Un cantiere mai aperto
La critica al cantiere progressista, rimasto chiuso e inattuato, è lampante. “Andare avanti di rinvio in rinvio” sembra essere il motto di una macchina burocratica che non solo si inceppa, ma è anche priva di una vera visione. Si potrebbe dire che, al momento, la coalizione si avvicina sempre di più a un gioco di rimandi piuttosto che a una strategia coesa e lungimirante.
Il centrodestra e il suo illustre endorsement
Nel frattempo, il centrodestra sembra proseguire senza troppi patemi, con il candidato in pectore, Alessandro Tomasi, che riceve garanzie di supporto dal ministro della Cultura, Alessandro Giuli. Giuli non si fa scrupoli a paragonare Tomasi a un fine vino, sottolineando che è del ’79, annata considerata tra le migliori. Qui si fa inevitabilmente ironia: il nostro sistema politico ha decisamente bisogno di più “buone annate” o, piuttosto, di amministratori che sappiano lavorare bene ed efficacemente, non solo per il loro anno di nascita, ma per i risultati tangibili delle loro azioni.
Strade da percorrere
La questione centrale è evidente: tutte queste promesse e endorsement resteranno tali finché non si vedranno risultati concreti. Si potrebbe concludere che il nostro paese, nel suo complesso, sembra distaccato dalla realtà, intrappolato in un gioco di parole e promesse, mentre i cittadini attendono risposte.
Tra discontinuità e piani mai realizzati, ci possiamo chiedere: sarà mai possibile un cambio di rotta? L’invito è a riflettere su come si possano tradurre le buone intenzioni in azioni concrete, evitando che si trasformino in un altro cantiere mai aperto. Una domanda sorge dunque spontanea: siamo pronti per un’effettiva trasformazione o continueremo a camminare lungo strade già battute senza mai giungere a destinazione?
Le possibili soluzioni sono molteplici, ma che dire di una buona dose di coerenza e responsabilità? Forse l’implementazione di un piano di vero coinvolgimento della società civile potrebbe dar vita a risultati più concreti. Ma, si sa, il cammino verso l’efficienza è lastricato di buone intenzioni, mentre la realtà corre in direzione opposta.