In un colpo d’occhio, la grande realtà di Amazon sembra aver deciso di reinventarsi. Ma non stiamo parlando di innovazioni brillanti; piuttosto di un corso di manovra volto a evitare i dazi imposti dall’ex presidente Donald Trump. Secondo Bloomberg, il gigante dell’e-commerce ha iniziato a cancellare ordini di prodotti da Cina e altre nazioni asiatiche. Un’accortezza, o forse un panico, a seguito dell’annuncio del 2 aprile che ha previsto dazi su oltre 180 paesi, compresi Cina, Vietnam e Thailandia.
Dove va a finire tutto questo?
Nonostante un portavoce di Amazon si sia rifiutato di commentare la situazione, Scott Miller, un ex responsabile fornitori dell’azienda, fa notare che i fornitori si trovano in un vicolo cieco. Devono ora affrontare il dilemma di rinegoziare termini impossibili o cercare di vendere altrove, in mercati dove i margini di profitto sono ben più magri. È paradossale vedere come le conseguenze di una politica commerciale possano ricadere, in modo tanto diretto quanto drammatico, sui piccoli produttori.
Molto rumore per nulla?
Va notato che circa il 40% dei prodotti venduti su Amazon sono acquistati direttamente dall’azienda, mentre il resto è gestito da commercianti indipendenti che affittano spazi digitali nella sua vasta vetrina virtuale. L’idea che questo modello possa funzionare senza crepe è tanto affascinante quanto illusoria. Se i venditori non riescono a competere o vengono costretti a lottare per la sopravvivenza, quale sarà la qualità dei prodotti offerti? E quale giustificazione si troverà a fornire Amazon quando i consumatori si renderanno conto che la varietà e la qualità stiano diminuendo?
Promesse e contraddizioni
Queste scelte aziendali non fanno che sottolineare le contraddizioni intrinseche della globalizzazione moderna. Da un lato, transazioni sempre più rapide e convenienti; dall’altro, compromissioni disastrose per chi è effettivamente coinvolto nella produzione. E chi sarà mai chiamato a rispondere? Le istituzioni? I governi? O semplicemente il consumatore che si ritrova a scegliere tra prodotti sempre più scadenti offerti a prezzi sempre più alti?
Un futuro incerto, ma possibile
Quindi, quali sono le soluzioni? Forse, rendere più trasparenti le catene di approvvigionamento sarebbe un buon inizio. Oppure incentivare i produttori a rimanere nei mercati locali, riducendo così i vincoli delle politiche doganali. Ma sincera ironia: quanto tempo passerà prima che queste idee vengano tradotte in azioni concrete? La distanza tra teoria e pratica è, per ora, abissale.