Le prime contromisure tariffarie dell’Ue: aumenti del 25% su Harley-Davidson e jeans Levi’s, ma il bourbon resta escluso

Le prime contromisure tariffarie dell’Ue: aumenti del 25% su Harley-Davidson e jeans Levi’s, ma il bourbon resta escluso

La rappresaglia di Bruxelles si appresta a colpire le fondamenta del made in USA, con gli oggetti simbolo del consumismo americano nel mirino. Tra i nomi illustri come Harley-Davidson e Levi’s, spiccano i controdazi fino al 25% che l’Europa intende applicare a partire dal 15 aprile in risposta ai dazi su acciaio e alluminio imposti da Washington. Eppure, il bourbon, insieme a vini e latticini, risulta salvato dalla tempesta di ritorsioni, grazie ai tentativi di diplomatici di Italia, Francia e Irlanda di proteggere prodotti locali come prosecco e champagne dalla spirale escalation di Donald Trump, che minaccia aumenti fino al 200% su alcolici di pregio.

Un compromesso discutibile

Questo compromesso, potremmo dire, ha il sapore di una vittoria al ribasso: si evita una guerra totale ma non senza sacrifici cospicui. Dopo le ultime limature alla lista ricevuta dalla squadra del commissario al Commercio, Maros Sefcovic, il 9 aprile i 27 stati membri dovranno pronunciarsi nel comitato tecnico dell’Ue. Ma l’esito sembra già scontato, essendo già passato il vaglio politico dei ministri degli Esteri e del Commercio a Lussemburgo. In assenza di segnali di distensione da Washington, una seconda ondata di controdazi è prevista per il 15 maggio. Un bel panorama di burocrazia e tattica diplomatica, non trovate?

La prima tranche di contromisure

Dal 15 aprile, Bruxelles rispolvera armi precedentemente accantonate durante il primo mandato di Trump, ma con un’assenza pesante: il celebre whisky del Kentucky è stato dimenticato. Al contrario, il fuoco incrociato colpirà severamente le iconiche Harley-Davidson (con cilindrata superiore a 500 cc), gli yacht di lusso, jeans e t-shirt di cotone, insieme a prelibatezze come burro d’arachidi, succo d’arancia e tabacco da masticare.

La seconda tranche di ritorsioni

Se il dialogo con la Casa Bianca fallisse, il contrattacco previsto per il 15 maggio si concentrerà su un mix di prodotti provenienti dagli stati repubblicani: dalla soia della Louisiana, roccaforte dello speaker Mike Johnson, ai cereali e pollame di Nebraska e Kansas, fino ad arrivare a forni e congelatori. Inaspettatamente, però, non si colpiranno i latticini come latte, burro e yogurt, creando un rigido contrasto con l’elenco di prodotti da colpire, e un chiaro utopismo su una guerra commerciale “razionale”. Tra i bersagli anche prodotti in legno, essenziali per l’economia di stati come Georgia, Virginia e Alabama.

Inizialmente, la lista dell’Ue prevedeva una risposta di 4,5 miliardi di euro, ma si è poi quadruplicata a oltre 22 miliardi. Ora, il valore di questo nuovo elenco, dopo le varie limature, rimane da definire, lasciando spazio a ulteriori speculazioni e interrogativi.

Possibili soluzioni o pura illusione?

In un clima così precario e instabile, che si possa trovare una soluzione a lungo termine sembra un desiderio piuttosto ottimistico. Le alternative interne ci sono, ma riusciranno a bilanciare la marea delle contromisure? La burocrazia europea si è rivelata lenta e contraddittoria, mostrando una vulnerabilità che spesso lascia gli interessi commerciali in balia delle tempeste politiche. Soluzioni come accordi bilaterali più agili o sanzioni mirate, potrebbero. Ma basteranno? Fino ad ora, oltre ai proclami, non si è visto molto di concreto.

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