Attivazione dei dazi americani al 10%: mercoledì scattano le nuove tariffe reciproche

Attivazione dei dazi americani al 10%: mercoledì scattano le nuove tariffe reciproche

Alle 0:01 di sabato, ora di Washington (le 6:01 in Italia), sono entrati in vigore i dazi aggiuntivi “base” del 10%, imposti dall’amministrazione Trump su una vasta gamma di prodotti importati negli Stati Uniti. Questa soglia minima universale, che esclude alcuni articoli, si accumula ai dazi già esistenti, lasciando molti a chiedersi quale sia il vero intento dietro queste misure. Gli agenti doganali hanno cominciato a riscuotere queste tariffe unilaterali nei porti, negli aeroporti e nei magazzini doganali del paese.
Tra i primi paesi a ricevere il colpo ci sono Australia, Gran Bretagna, Colombia, Argentina, Egitto e Arabia Saudita. Un bollettino della US Customs and Border Protection avvisa che non ci sarà alcun periodo di tolleranza per le spedizioni che si trovano in mare.

Dazi reciproci e il loro impatto

Mercoledì, saranno implementate tariffe “reciproche” che andranno dall’11% al 50%. Le importazioni dall’Unione Europea subiranno una tassa del 20%, mentre quelle cinesi saranno colpite da una tariffa del 34%, portando il totale delle nuove imposte sulla Cina a un incredibile 54%. Curiosamente, Canada e Messico restano esenti per via di una tassa del 25% già in vigore, mentre oggetti come auto e acciaio sono già gravati da una tassa d’ingresso del 25%. Si direbbe che ci siano “dazi” per tutti, ma non per tutti!

L’esenzione di prodotti chiave

In un mondo in cui ogni misura sembra avere un costo, non si può fare a meno di notare un gran numero di prodotti esenti, per esempio, petrolio, prodotti petroliferi, farmaceutici, e semiconduttori. Un bel vantaggio, non trovate? Come mai questi beni fondamentali non sono stati toccati, mentre prodotti minori sono colpiti in modo rovinoso? Questo crea un’illogica divisione che merita una riflessione: mi chiedo quali interessi si nascondano dietro a queste esenzioni.

Il cerchio della burocrazia

È evidente come, in un clima già teso, queste tariffe possano avere un effetto domino sull’inflazione e sulla disoccupazione. Gli esperti, e persino la Fed, sollevano un allarme riguardo a un impatto più ampio del previsto, ma, come spesso accade, la burocrazia rimane ancorata al suo linguaggio altisonante senza risolvere i veri problemi.

In conclusione, possibili soluzioni?

La retorica di proteggere l’economia locale può suonare bene, ma quanto è efficace realmente? Si era promesso un futuro luminoso con la fine dei trattati commerciali, ma dove sono finiti i risultati? Forse sarebbe il caso di considerare alternative come investimenti in innovazione e sviluppo sostenibile? Solo il tempo dirà se queste parole rimarranno un canto di sirene oppure si tradurranno in azioni concrete. Mentre il mondo economico si interroga, le promesse svaniscono nell’aria, lasciando spazio solo a interrogativi e incertezze.

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