Dazi, allerta della Fed su inflazione e occupazione: effetti più gravi del previsto

Dazi, allerta della Fed su inflazione e occupazione: effetti più gravi del previsto

In un contesto globale in cui le borse, compresa Wall Street, affondano a causa di un decreto sui dazi imposto da Donald Trump, emerge un’assoluta mancanza di rassicurazioni da parte della Federal Reserve. Il presidente Jerome Powell, intervenendo in un evento in Virginia, ha lanciato un chiaro allerta sull’effetto devastante della guerra commerciale, affermando: “I dazi potrebbero avere un impatto persistente sull’inflazione, più ampio del previsto”. Insomma, l’illusione di un’economia stabile sembra sgretolarsi, mentre si prevede un aumento dei prezzi nei prossimi trimestri. “Le prospettive sono molto incerte, con rischi elevati di disoccupazione e inflazione più alta”; insomma, un panorama che, per usare un eufemismo, non è dei migliori.

Contraddizioni politiche e manovre economiche

Il messaggio di Powell arriva in un momento in cui il presidente Trump, da due mesi a questa parte, spinge per un abbassamento dei tassi d’interesse, tentando di arginare il presunto tsunami economico dichiarando che i dazi porteranno ricchezze agli americani. Una visione alquanto ottimistica, considerando che il numero uno della Fed, pur nominato dal tycoon, ha ribadito l’indipendenza della banca centrale, lasciando intendere che le sue intenzioni potrebbero non allinearsi con quelle presidenziali. Non sorprende che Powell abbia precisato: “Intendo servire per tutto il mio mandato”, una promessa che ha il sapore della fedeltà in tempi di crescente instabilità.

Il contesto economico e le sue previsioni

Tra le parole di Powell risuona un quadro economico in netto deterioramento: “L’incertezza è alta e i rischi al ribasso sono aumentati”. Da un lato, il calo dei progressi verso l’obiettivo del 2% di inflazione; dall’altro, l’inevitabile timore di una crescita più debole e un potenziale aumento della disoccupazione. Nonostante ciò, lui cerca di trasmettere tranquillità dicendo che “la Fed è ben posizionata per attendere e valutare”. Evidentemente, attendere con le mani in mano è una forma di strategia.

Reazioni dei mercati e indecisioni

Le reazioni dei mercati mostrano un clima di sfiducia: Wall Street e altri mercati sono stati travolti da giorni di perdite mai viste prima. Con pressioni politiche crescenti dalla Casa Bianca verso numerose istituzioni, comprese le università, Powell ribadisce che “non è chiaro al momento quale sarà la politica appropriata” e che la Fed “non ha bisogno di avere fretta”. È proprio quando le incertezze sembrano aumentare che la Fed non stima ufficialmente le probabilità di recessione, mentre i previsori esterni alzano le quote di una crisi imminente. E chi è che si diverte a fare queste previsioni?

Il panorama inflazionistico in deterioramento

Nonostante l’economia americana, cresciuta sotto la guida di Joe Biden, venga descritta come “vicina alla massima occupazione”, il cammino verso la stabilizzazione dei prezzi si rivela più tortuoso del previsto. Powell mette in evidenza che “i progressi verso l’obiettivo di un’inflazione al 2% sono di recente rallentati”. Se questo non è il momento di riconsiderare strategie e promesse, non so quale sia.

In conclusione, ci troviamo di fronte a una realtà in cui la crisi è all’orizzonte, le promesse di stabilità sono l’unica costante, e l’indipendenza della Federal Reserve è messa alla prova da pressioni esterne. Ma quali sono le soluzioni, chiediamoci? Forse un cambio di direzione? O, più ironicamente, continuare a fare la “politica” senza mai effettivamente agire? Inutile dirlo, l’azione è ciò che conta, ma è proprio questo il punto in cui le parole sembrano svanire. E chi ha paura del futuro non può certo far affidamento su promesse vuote.

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