Il presidente Cirio in visita al bar di Baffo, un simbolo di legalità in Barriera di Milano: La comunità è la vera sicurezza

Il presidente Cirio in visita al bar di Baffo, un simbolo di legalità in Barriera di Milano: La comunità è la vera sicurezza

Il bar ha riaperto il 6 marzo in via Leinì, come richiesto da molti abitanti, diventando un simbolo di resistenza contro l’abbandono e il traffico di droga. Eppure, in un territorio come Barriera di Milano, dove l’incertezza sembra regnare, una semplice riapertura di un locale è considerata una panacea, o almeno così suggeriscono le parole del presidente della Regione, Alberto Cirio.

Una Luce nel Buio?

Cirio sottolinea l’importanza di un’attività imprenditoriale: “Crea ricchezza”, dice. Sì, ma a quale costo? È questo il modo di affrontare problemi strutturali come la criminalità? Secondo lui, un locale aperto sarebbe un “presidio di socialità e sicurezza”. Ma se il locale in passato era diventato un campo di battaglia tra residenti e spacciatori, è lecito chiedersi quanto possa realmente cambiare la situazione con un banale caffè in più.

La Paradossale Chiusura

Il bar Da Baffo è rimasto chiuso per un anno e mezzo, una decisione presa dal titolare Francesco Insinga dopo aver affrontato pressioni da parte di alcuni residenti e delle insidie del mercato della droga. E ora, proprio quegli stessi residenti, che un tempo avevano chiesto la chiusura, si sono presentati a lui per sollecitare una riapertura. Qui c’è un evidente paradosso: come mai quanto fatto è stato così rapidamente dimenticato?

Il Cerchio non si Chiude

Insinga, alla riapertura, ha partecipato al bando “Mettersi in proprio”, un’iniziativa della Regione con fondi europei, come se l’investimento fosse la soluzione a una questione così complessa. Cirio parla di “scaricare gli effetti a terra dei provvedimenti regionali”, ma ciò che emerge è una mancanza di confronto diretto con la realtà quotidiana. In un contesto così intriso di vaghezza burocratica, il rischio è di trovarsi a costruire castelli di carta.

Creare una Rete o Illudersi?

Insinga ha fiducia nel cambiamento e nella creazione di una rete di attività commerciali che possano riscrivere la narrativa di Barriera di Milano. Ma guarda caso, il processo sembra ancora lontano. Chi sono queste “attività” di cui parla? Sono in grado di arginare i problemi ben noti della zona, o sono solo sogni abbozzati su un foglio di carta? Questa apparentemente semplice riapertura si trasforma così nel simbolo di un’impasse collettiva: tante buone intenzioni, ma le soluzioni concrete?

Possibili Soluzioni: Un Miraggio?

La riapertura del bar può sembrare un passo nella giusta direzione, ma senza un piano che affronti veramente il problema della sicurezza e del benessere sociale, il rischio è che la situazione torni a essere quella di prima. Aumentare la presenza delle forze dell’ordine e incentivare spazi di socialità è fondamentale, certo. Ma possiamo davvero credere che si possa risolvere un problema così profondo con un paio di iniziative sporadiche? È ora di pensare a un approccio che vada oltre le apparenze e trovi vera sostanza.

In definitiva, mentre ci si illude che un bar possa cambiare il destino di un intero quartiere, è vitale mantenere uno sguardo critico sulle scelte politiche e sulle reali necessità della comunità. La vera domanda è: stiamo davvero cercando soluzioni durature o ci accontentiamo di accendere una sola luce nel buio, in attesa che qualcun altro faccia il resto?

Il locale, un tempo progettato per l’efficienza, oggi si presenta ristrutturato in chiave vintage, un connubio che fa storcere il naso a chi preferirebbe una realtà più autentica. Il proprietario ha l’ambizioso obiettivo di ampliare l’orario di apertura, attualmente limitato a partire dalle 17 durante la settimana e dal primo pomeriggio nel fine settimana. «Essere aperti crea passaggio positivo» afferma con entusiasmo, come se il tempo di apertura fosse l’unico rimedio a una crisi visibile. Ma è davvero così semplice?

Una Strada Abbandonata?

La via Leinì è un esempio chiaro di ciò che accade quando le serrande restano perlopiù abbassate. La macelleria di fronte, un simbolo di un’epoca, è stata trasformata in alloggi, seguita dalla drogheria in fondo alla strada. Il fornaio limitrofo, quello che un tempo riempiva l’aria di profumi invitanti, ora è chiuso, lasciando una sensazione di abbandono e desolazione. “Questo non fa bene al quartiere”, lamenta Insinga, l’attuale custode di questo bar, che sembra essere l’unica sopravvissuta in un contesto di lenta agonia.

Un Prezzo Inaspettato

Nel suo bar, il caffè costa ancora un euro, un prezzo che sembra un’illusione in una realtà dominata da rincari. Questo è reso possibile grazie a un modello di business che predilige fornitori a chilometro zero, un concetto che si sposa bene con l’idea di sostenibilità, ma che fa sorgere domande: quali sono i limiti di tale approccio? Quant’è realmente sostenibile? O ci troviamo davanti a un’idea romantica più che pratica?

Il contrasto tra un bar aperto, che sembra voler sprigionare vita in una zona in declino, e il panorama circostante è lampante e sottolinea le contraddizioni di una politica urbanistica che promette molto ma realizza poco. Molti alle parole non seguono i fatti, lasciando i residenti con una sensazione di frustrazione sempre crescente.

Possibili Soluzioni

Cosa fare? Si potrebbe pensare a un ripensamento complessivo di sfruttamento commerciale e residenziale, oppure promuovere eventi per riattivare il quartiere. E magari, perché no, un sostegno diretto per le piccole imprese che hanno saputo resistere. Ma purtroppo, nella realtà, le idee brillanti tendono a restare nei cassetti, illuminate dalla luce della speranza, ma mai realizzate. Un’ironia amara, non credete?

Alla fine, si continua a discutere di apertura e passaggio positivo, mentre la desolazione regna sovrana. Un ciclo che si ripete, in un contesto che richiederebbe una vera trasformazione, non solo estetica.

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