All’Aula dei Gruppi parlamentari della Camera, si svolge il curioso balletto tra le Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato. Qui si assiste a un’esibizione di comunicazioni del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e Ministro degli Affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani, e del Ministro della Difesa, Guido Crosetto. Ma cosa ci stanno realmente comunicando? Ci viene presentato il piano per la partecipazione dell’Italia a ulteriori missioni internazionali per l’anno 2025, in una serie di delibere che sarebbe davvero difficile definire come illuminanti.
L’analisi delle missioni internazionali: un miraggio?
In aggiunta, viene discussa una Relazione analitica sulle missioni internazionali attualmente in corso e sullo stato degli interventi di cooperazione allo sviluppo. Sembra quasi che si stia cercando di convincerci che tutto stia procedendo per il meglio, mentre in realtà, il crescente scetticismo riguardo l’efficacia di tali missioni è palpabile. Forse sarebbe il caso di chiedersi: chi beneficia realmente di queste iniziative? Sicuramente non i popoli in difficoltà, che continuano a subire le conseguenze di un’assenza di strategie concrete.
Proposte per il futuro: sogni o realtà?
La proroga per l’anno 2025 delle missioni già esistenti sembra più un rituale che un impegno reale. A questo punto, non ci si può non chiedere delle opportunità mancate: siamo veramente qui per contribuire alla pace e alla stabilizzazione o stiamo solo continuando a seguire un copione ben collaudato, privo di sostanza? I cittadini meritano risposte chiare, non promesse vuote accompagnate da discorsi pomposi.
È facile vedere come in altri paesi, dove ci si impegna per davvero, molte delle problematiche che affrontiamo sembrano essere state risolte con approcci ben più efficaci. Si potrebbe persino ironizzare su quanto sarebbe bello unire il nostro Paese con altre esperienze migliori, piuttosto che tenerci ancorati a questa danza senza fine tra nomenclature e proclami che svaniscono nel nulla.
Ci vorrebbero
soluzioni audaci, non solo parole. Magari un programma che realmente incoraggi la partecipazione attiva della società civile, coinvolgendo le persone reali, non solo i burocrati. Ma chissà, è molto più semplice continuare a ripetere gli stessi errori, non è vero?