Quando pensi che il trasporto pubblico romano non possa fare di peggio, ecco che arriva l’Antitrust a ricordarci che c’è sempre un nuovo fondo da raschiare. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso di vederci chiaro sulle pratiche commerciali scorrette di Atac, la gloriosa azienda che regala ai cittadini viaggi tra disservizi, attese infinite e promesse mai mantenute.
Un’indagine che conferma l’ovvio: Atac non funziona
L’inchiesta riguarda la qualità (o meglio, la sua assenza) del servizio tra il 2021 e il 2023. In parole povere, l’Antitrust si sta chiedendo se Atac abbia rispettato gli obblighi del contratto con il Comune di Roma. Spoiler: non l’ha fatto.
Gli ispettori vogliono capire come sia possibile che, nonostante gli obiettivi mai raggiunti, l’azienda non abbia mai previsto rimborsi per gli utenti, lasciando i cittadini a boccheggiare tra bus fantasma, metropolitane ferme e stazioni in stile post-apocalittico. Tanto per gradire, la Guardia di Finanza ha fatto un salto nella sede dell’azienda. Chissà se hanno trovato un tabellone con scritto “obiettivi raggiunti” o solo una raccolta di scuse riciclate.
Disservizi su misura: quando il trasporto pubblico diventa un’avventura
L’Antitrust ha già messo nero su bianco alcuni “piccoli” problemi:
- Bus e tram inesistenti o con frequenze da archeologia ferroviaria.
- Scale mobili e ascensori fuori uso, per la gioia di chi ha difficoltà motorie.
- Stazioni metro buie, che trasformano il viaggio in un’esperienza horror.
- Sicurezza ridicola, perfetta per chi ama l’adrenalina gratis.
E la cosa più assurda? Atac non ha nemmeno finto di voler risolvere questi problemi. Nessun intervento concreto, nessuna strategia. Solo l’eterna attesa del miracolo che non arriva mai.
La risposta di Atac: il solito teatrino
Ovviamente, Atac ha risposto con una nota in cui ostenta la solita “piena collaborazione”. Ma, tra le righe, traspare il classico copione: “stiamo lavorando per migliorare il servizio”. Già, peccato che Roma aspetti questi miglioramenti da decenni.
Si parla di un piano di rilancio, del Giubileo 2025 che “influenza il servizio” (come se prima fosse un gioiello di efficienza) e del nuovo AD, Alberto Zorzan, che tenta di portare il modello ATM di Milano in una realtà dove il termine “gestione efficiente” è considerato un ossimoro.
La farsa dei finanziamenti e l’aumento del biglietto
Mentre si indaga su inefficienza e disservizi, il Comune di Roma e la Regione Lazio discutono su come finanziare il carrozzone. La prima idea geniale? Aumentare il costo del biglietto singolo da 1,50 a 2 euro. Peccato che la Regione abbia frenato, lasciando invariati i ticket giornalieri e aumentando solo quelli da 24, 48 e 72 ore, giusto per spennare i turisti.
Nel frattempo, Atac ha chiuso il bilancio 2023 con un utile di 10,95 milioni di euro. Tradotto: nonostante un servizio che definire disastroso è un eufemismo, l’azienda riesce pure a guadagnarci. Se non fosse vero, sarebbe da ridere.
L’affidamento in house: la ciliegina sulla torta della vergogna
Non contenta di tutto ciò, Atac ha anche ottenuto dal Comune il rinnovo del servizio senza gara pubblica fino al 2027. Per l’Antitrust, un regalo ingiustificato. Nel resto d’Europa, servizi simili vengono suddivisi in lotti e assegnati con regolari gare. Qui, invece, si preferisce blindare un sistema che non funziona e non vuole migliorare.
Il Consiglio di Stato ha già detto che questa pratica è fuori legge: il Comune di Roma non avrebbe dovuto prorogare il contratto senza concorrenza tra marzo e dicembre 2023. Ma, si sa, a Roma le sentenze sono solo un fastidioso dettaglio burocratico.



