Gerry Scotti ha finalmente detto quello che tutti pensano ma nessuno osa ammettere: il sistema Auditel è un pasticcio senza regole chiare, dove gli ascolti vengono spacchettati, manipolati e distorti per compiacere gli interessi dei soliti noti. Durante un incontro all’Università Cattolica di Milano, il volto storico di Mediaset ha strappato il velo dell’ipocrisia, demolendo la credibilità di un meccanismo che decide le sorti della televisione italiana.
L’assurdità delle fasce orarie: chi decide cosa guardiamo?
Scott ha puntato il dito contro la sparizione della seconda serata, un tempo palcoscenico di programmi di approfondimento e di intrattenimento più adulto. “Sarebbe bello avere una prima serata che inizi per tutti alla stessa ora e termini alle 23.30”, ha detto Scotti, suggerendo che l’attuale schema favorisce solo alcuni attori del sistema televisivo, lasciando altri a combattere con numeri falsati. Attualmente, la prima serata parte alle 20.30 e si conclude alle 22.30, un modello che regala vantaggi a Rai 1 e penalizza Mediaset, con il suo access prime time che si scontra direttamente con Affari tuoi.
Auditel e il trucco degli spacchettamenti
Ma il vero colpo da maestro arriva con la denuncia degli spacchettamenti fittizi. Scotti, con un’ironia tagliente, ha spiegato come sia possibile spezzettare un programma in segmenti con titoli diversi per gonfiare le statistiche e far sembrare un successo ciò che, nei fatti, potrebbe essere un flop. Questo giochetto da illusionisti permette di truccare i numeri e vendere agli inserzionisti pubblicitari una realtà ben diversa da quella effettiva. Il problema? Lo conoscono tutti, ma nessuno lo dice apertamente.
“Io non mi sono mai ammalato di Auditel”
Scott ha anche ricordato i tempi d’oro della sua carriera, quando la corsa ai numeri era un’ossessione per molti conduttori. “Negli anni ’90, ogni mattina c’era la febbre dei dati Auditel, ma io non mi sono mai ammalato di questa follia”, ha dichiarato. Perché? Perché alla fine non conta tanto vincere la guerra dei numeri, quanto piuttosto avere un pubblico vero, fedele e partecipe. Peccato che nel mondo televisivo attuale, dominato dai giochetti statistici, questo concetto sembri ormai superato.
La finta apertura di Auditel
E Auditel? Il presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi ha ovviamente accolto le critiche con diplomazia di facciata, dicendo che i suggerimenti saranno “presi in considerazione”. Traduzione? Non cambierà nulla. Anzi, Sassoli de Bianchi ha difeso il sistema, vantandosi del fatto che il campione Auditel comprende 16.100 famiglie, il più grande al mondo in proporzione alla popolazione. Ma davvero possiamo credere che questo metodo sia rappresentativo in un’epoca in cui le abitudini televisive sono sempre più frammentate?
E le piattaforme streaming? L’ipocrisia continua
Un’altra enorme falla del sistema riguarda le piattaforme OTT. A oggi, solo Dazn si sottopone alla rilevazione Auditel, mentre colossi come Netflix, Prime Video e Disney+ fanno finta di niente. Questo significa che una fetta enorme del consumo di contenuti sfugge a ogni misurazione seria. Il risultato? Un sistema obsoleto che ignora la realtà e che continua a favorire i vecchi schemi della televisione generalista.
La grande farsa continua
Quello che Scotti ha fatto è mettere il dito nella piaga: il sistema non è trasparente, non è affidabile e non rappresenta più il pubblico reale. Ma, come sempre, chi comanda farà finta di niente, e il grande circo degli ascolti gonfiati andrà avanti, tra spacchettamenti fittizi, fasce orarie senza senso e numeri che dicono tutto e il contrario di tutto. La tv italiana merita di meglio. Ma lo avrà mai?