Iliad si pappa Tim? Il governo osserva, la Borsa festeggia e i soliti noti fanno affari

Iliad si pappa Tim? Il governo osserva, la Borsa festeggia e i soliti noti fanno affari

Un’altra partita a risiko sulle telecomunicazioni

Il mercato italiano delle telecomunicazioni è ormai un campo di battaglia dove si gioca all’accaparramento selvaggio. Questa volta a muovere le pedine è Iliad, il colosso francese che, dopo aver abbattuto i prezzi della telefonia mobile, ora punta a divorare Tim. E, come sempre, mentre il grande gioco degli affari prosegue, chi paga il conto sono i cittadini e i lavoratori.

Gli incontri segreti al ministero: chi decide davvero il futuro delle telecomunicazioni?

Nei giorni scorsi, emissari di Iliad si sono seduti ai tavoli del ministero dell’Economia, incontrando alti dirigenti per discutere il futuro del settore. Un caso? Difficile crederlo. Mentre il Mef, con il suo classico stile diplomatico, nega qualsiasi conferma, le voci di corridoio raccontano di progetti di aggregazioni strategiche, ovvero il modo elegante per dire: consolidiamo il mercato e facciamo sparire la concorrenza. L’obiettivo? Farla finita con la guerra dei prezzi, che negli ultimi anni ha ridotto i margini degli operatori e affondato i ricavi del settore, calati di 35% dal 2010 ad oggi.

E mentre i grandi operatori si lamentano, il dato che dovrebbe far riflettere è un altro: l’Italia è il penultimo Paese al mondo per il costo del gigabyte di dati, subito dopo Israele. Quindi, dovremmo piangere per loro o ringraziare chi ha reso la telefonia più accessibile?

Tim in vendita: chi mette le mani sulla rete?

Nel risiko delle telecomunicazioni, Tim è la preda più ambita. Dopo il tentativo fallito di comprare Vodafone, ora Iliad punta dritta sull’ex monopolista italiano. Ma non è la sola: sul tavolo c’è anche il fondo CVC, pronto a infilarsi nella partita. In particolare, gli occhi sono puntati sui servizi alle imprese, considerati la parte più redditizia di Tim.

E qui entra in scena il solito schema: i fondi di investimento non vogliono comprare tutta la compagnia, ma spezzettarla, spolpandola pezzo dopo pezzo per poi rivendere al miglior offerente. Un gioco già visto, con il solito epilogo: licenziamenti, disservizi e aumento delle tariffe.

Il governo osserva (e come sempre non decide)

Ufficialmente, l’esecutivo non ha espresso un parere netto. Ma dietro le quinte, il vero tema è la difesa dell’occupazione: Tim ha 17.000 dipendenti, e un’acquisizione potrebbe significare tagli draconiani. Il governo ha interesse a mantenere una Tim integra, mentre i fondi finanziari spingono per un bel “taglia e cuci”. A meno che, naturalmente, non si trovi il solito “compromesso” in cui gli interessi degli investitori vengono prima di quelli del Paese. Scommettiamo su come andrà a finire?

Vivendi e il solito teatrino della finanza

Chi tiene davvero in mano le chiavi di Tim? Vivendi, che con il suo 23,75% delle azioni ha sempre giocato un ruolo ambiguo. Ufficialmente vorrebbe vendere, ma a un prezzo che nessuno sembra disposto a pagare. E qui arriva il dettaglio velenoso: i rapporti tra Vincent Bolloré (Vivendi) e Xavier Niel (Iliad) sono tutt’altro che idilliaci. Una questione di soldi? Certo. Ma anche di ego e potere.

Se Vivendi non riesce a vendere alle proprie condizioni, potrebbe fare quello che sa fare meglio: ostacolare tutto, ricattare il mercato e aspettare che qualcuno si pieghi alle sue richieste. Nel frattempo, il titolo Tim vola in Borsa, e i soliti squali si arricchiscono.

Il destino di Tim: fusione o smembramento?

Il CEO di Tim, Pietro Labriola, giovedì presenterà il nuovo piano industriale, cercando di dare una direzione a questa guerra finanziaria. Ma la vera domanda resta una sola: Tim sarà preda o predatore?

La risposta, in realtà, la sappiamo già. L’Italia ha già visto troppe aziende storiche svendute agli stranieri, spezzettate, spolpate e lasciate a pezzi. Se il copione si ripeterà, ci ritroveremo con meno concorrenza, tariffe più alte e, ovviamente, zero benefici per i cittadini.

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