Il destino vi vuole coccolati, ma a costo di farvi pagare uno sproposito. La famiglia Läderach, orgoglio svizzero nel mondo del cioccolato di lusso, sembra piegarsi solo a una regola: mantenere il cioccolato rigorosamente prodotto in patria, anche quando le tariffe americane decidono di sferrare un colpo mortale. Ebbene sì, quando gli Stati Uniti hanno deciso di spennare i dolcetti elvetici con tariffe salatissime, si è raggiunta la bellezza di un 39% sulle importazioni svizzere (poi fortunatamente ridotto al 15%). Che fare? Aprire una fabbrica negli USA e fingersi patriottici solo per evitare dazi? Nemmeno per sogno.
Johannes Läderach, CEO di questa navigatoria artigianale, ha seccamente risposto “mai” alla domanda se avessero mai preso in considerazione di spostare la produzione oltreoceano per aggirare i dazi. Perché, cari consumatori, il cioccolato svizzero deve essere fatto in Svizzera, proprio come gli orologi – badate bene – non possono essere che svizzeri. Nulla di meno, niente compromessi.
Come se non bastasse, quest’anno il cioccolato ha dovuto combattere con un franco svizzero feroce e prezzi del cacao alle stelle, un cocktail molecolare esplosivo per i produttori. La materia prima, la cui scarsità è tragicomicamente attribuibile ai cambiamenti climatici, ha fatto saltare per aria le bollette come la macchina del gas della nonna. Nonostante ciò, il signor Läderach mantiene l’ottimismo da venditore di favole: prevede una crescita dei ricavi attorno al 20% per il 2025 e per il 2026. Insomma, perché preoccuparsi?
Nel corso degli ultimi cinque anni, la piccola azienda di famiglia ha raddoppiato le dimensioni, aprendo ben 250 boutique sparse in 28 paesi. Solo quest’anno, con un tempismo da manuale, ha inaugurato oltre 50 punti vendita, e in terra americana, ovviamente, non si risparmia: ben otto aperture nel 2024 e dieci programmate per il prossimo anno, per un totale previsto di circa 70 negozi negli USA, un mercato che evidentemente ama soffrire in silenzio tra dazi e inflazione.
Johannes ha anche spiegato, con aria di chi si aspetta applausi, che si è dovuto ricorrere a un “lievissimo aumento dei prezzi in estate” per tamponare i costi impazziti del cacao, la forza del franco e i più che simpatici dazi americani. Ma niente deliri di sostituire il cacao nelle ricette, grazie a Elias Läderach, il fratello e Chief Creative Officer, che è categoricamente contrario a qualsiasi esperimento scientifico con le ricette tradizionali. Tradizione è tradizione, caro pubblico, e guai a toccarla.
Un altro punto a favore della loro produzione artigianale è la prevedibilità, anzi la prevedibilissima inflazione dei costi del lavoro, che, miracolosamente, viene considerata più gestibile rispetto all’instabilità dei prezzi del cacao. Chissà come mai…
La minaccia (ironica) delle nuove mode salutiste
Nonostante tutto questo parabrezza di difficoltà, ecco spuntare l’ennesimo nemico: i farmaci per dimagrire prodotti da colossi come Novo Nordisk ed Eli Lilly. Questi miracoli della medicina, che aiutano a spegnere l’appetito, gettano un’ombra cupa sulla domanda per alcune golosità, tra cui indovinate un po’? Il cioccolato. Incredibile! Quindi, se la dieta vi toglie il piacere di una tavoletta, tenetevi forte: c’è chi pensa che il cioccolato sia ancora il re del piacere moderato.
Johannes Läderach ha confessato candidamente:
“Penso che sia positivo che le persone siano attente alla salute, lo sono anch’io. La vita è tutta una questione di equilibrio, ma senza qualche vizio non sarebbe vita. Ed è qui che noi entriamo in gioco, condividendo la gioia del cioccolato svizzero fresco.”
Insomma, tra dazi, francesi svizzerissimi, prezzi di cacao volanti e la guerra contro la gola terapeutica, il patriarca Läderach ci ricorda che il lusso non è solo un sapore, ma una battaglia senza fine. E noi? Noi lo sgranocchiamo, e miracolosamente, continuiamo a volerne ancora.

