Vladimir Putin sorride compiaciuto mentre visita il Forum “Siamo Uniti” e la Cerimonia di Premiazione, il 3 dicembre 2025 a Mosca. Perché, si sa, nulla ispira più di una bella minaccia mascherata da diplomazia.
Il presidente del Cremlino ha gentilmente avvertito che se le truppe ucraine non si ritireranno volontariamente (ahah), Mosca prenderà con la forza quei “territori” tanto ambiti, ovvero l’eterna guerra dei bottoni in Donbas. “O liberiamo queste terre con la forza delle armi, o le truppe ucraine se ne vanno,” ha spiegato solennemente durante una visita di stato in India, quasi come se fosse un invito elegante, o forse una minaccia neanche troppo velata.
Queste affermazioni, pubblicate dai media controllati dallo Stato russo e tradotte dall’agenzia Reuters, riguardano la regione orientale del Donbas, teatro ormai da anni di un conflitto che ha visto impegnati sia l’esercito ucraino sia i separatisti sponsorizzati da Mosca. Peccato che la Russia controlli ben più dell’80% di quella zona, roba da far impallidire anche gli strategici giochi di Risiko.
La guerra non è cominciata ieri, ma nel lontano 2014, quando la Russia ha deciso di invadere e annessare la penisola di Crimea. Da allora, catturare e ufficialmente annettere il Donbas significherebbe aprire un’autostrada di terra fino a Crimea, un hub militare e commerciale fondamentale per le ambizioni moscovite, roba veramente strategica. E sì, c’è stato pure il referendum, con risultati da far sciogliere qualunque statistico: fino al 99% dei “residenti” (se così si può chiamare) avrebbe votato per unirsi alla Federazione Russa. Il tutto ovviamente contestato come farsa dalla comunità internazionale.
Il perfetto siparietto delle contraddizioni è continuato dopo un incontro di cinque ore di Putin con delegati statunitensi, tra cui i nomi di spicco come Steve Witkoff e il genero di Donald Trump, Jared Kushner, avvenuto a Mosca. Nel successivo colloquio con la testata indiana India Today, il nostro caro presidente ha dichiarato senza batter ciglio che la Russia non condivide alcune delle proposte di pace “rivedute” da parte degli Stati Uniti, bollando il processo di negoziazione come “lavoro difficile.” Davvero una grande novità, voglio dire, chi avrebbe mai immaginato che i giochi diplomatici si potessero complicare?
Il Piano di Pace: Una Commedia in 28 Punti
Il pianificio originale di ben 28 punti – redatto con alacre lena dai funzionari russi e americani senza consultare nemmeno la minima opinione ucraina, perché tanto chi se ne importa – prevedeva che Kiev dovesse cedere pezzi di Donbas a Mosca. Fortunatamente, avendo a che fare con un paese che sa di avere ancora qualche carta da giocare, il piano è stato rimaneggiato dopo che Volodymyr Zelenskyy, presidente ucraino e portavoce della sovranità nazionale, ha ribadito che nessun accordo è accettabile se non si rispetta la loro integrità territoriale. E questo, ovviamente, ha reso tutto più interessante.
Marnie Howlett, docente di politica russa ed est-europea all’Università di Oxford, ha tagliato corto, spiegando che la guerra finirà solo quando la Russia smetterà di attaccare l’Ucraina. Il che, a giudicare dal “mancato interesse genuino” del Cremlino a porre fine alla contesa, lascia poche speranze di una pace imminente.
“Da quando tutto è cominciato nel 2014, nessun ‘trattato’ sarà mai possibile senza l’appoggio degli ucraini – i quali hanno dimostrato che non sono certo disposti a svendere il loro territorio,” ha puntualizzato. Diciamo che l’insistenza russa nel voler acquisire il Donbas con la forza ha trovato una resistenza ben più coriacea di quanto Mosca avesse immaginato.
Emily Ferris, ricercatrice senior all’istituto britannico di sicurezza e difesa Royal United Services Institute, concorda che Mosca è più interessata a tenere il piede in due scarpe, guadagnando terreno sul campo e paralizzando i negoziati, piuttosto che fare sul serio per la pace. Tradotto: senza concessioni territoriali sul tavolo, non c’è accordo e non ci saranno gare di abbracci fraterni.
Il nocciolo della questione? Due “punti dolenti”: il sostegno militare europeo a Kiev – quelle famose garanzie di sicurezza di cui si discute tanto – e la questione territoriale, su cui Mosca spera ancora di spremere qualche compromesso da parte ucraina. Insomma, una partita di poker con carte marcate e bluff spudorato.
Il Futuro? Una Dama Nera di Rassegnazione e Sospetti
Intervenendo al 2025 Investor Summit alla London Stock Exchange, il diplomatico Kim Darroch, ex ambasciatore del Regno Unito negli Stati Uniti durante il primo mandato di Trump, ha escluso con pragmatica tristezza un’immediata risoluzione del conflitto.
Kim Darroch said:
“Non credo che la guerra finirà presto, a meno che gli ucraini non accettino di capitolare, cedere territorio e rinunciare a entrare nella NATO, cose praticamente impossibili da accettare senza implodere politicamente.”
In poche parole: nulla di nuovo sotto il sole. E proprio quando pensavamo che le armi taceranno, ci viene il sospetto che l’inverno ucraino potrebbe prolungarsi, con effetti potenzialmente catastrofici per tutto il vecchio continente. Il rischio, sempre più concreto, è che Trump, se il suo solito “deal” dovesse naufragare, decida di togliere il disturbo, chiudendo i rubinetti degli armamenti e scaricando la patata bollente agli europei.
E qui, amici, casca l’asino: resta da vedere se l’Europa abbia davvero le spalle abbastanza larghe per farsene carico.
In mezzo a questa saga infinita, gli investitori globali osservano con passiva ansia ogni minimo sviluppo, consapevoli che un colpo di scena nei negoziati potrebbe mandare in tilt i mercati e far ballare i listini su tutte le asset class. La full immersion russa in Ucraina ha già fatto saltare equilibri globali, scatenando vendite selvagge e volatilità sconsiderate sui mercati energetici, mentre il mondo occidentale ha risposto a suon di boicottaggi e investimenti interrotti verso Mosca.
Il risultato è una folle corsa agli armamenti in Europa che ha fatto impennare i titoli azionari nel settore difesa. Insomma, chi ci guadagna davvero? Non certo i civili, ma qualche bella rendita in borsa sì.

