Con l’indice di mercato che si concentra sempre di più in poche papesse tecnologiche, gli investitori si lanciano disperati alla ricerca di un po’ di diversificazione, come se non fosse mai esistita prima. Ma attenzione: un esperto con qualche capello bianco ci mette in guardia. Spostare i soldi verso asset alternativi, specie quelli privati nascosti, non è uno scherzo da ragazzi. Questi “tesori” sono sotto la lente d’ingrandimento della Banca d’Inghilterra, e a qualcuno, come Niall O’Sullivan, direttore degli investimenti globali da Mercer, viene il tossico dubbio che questa corsa all’oro debba essere accompagnata da un’attenta analisi. Soprattutto quando si tratta di territori inesplorati, tipo il credito privato.
Gli indici azionari stanno diventando sempre più una gara di popolarità tra poche superpotenze tech, e la paura di una bolla AI infilata tra le pieghe del mercato spinge gli investitori a cercare rifugio in altre galassie: hedge fund, private equity, e quella cosa mitica chiamata private credit. D’altronde, un po’ di diversificazione non si nega a nessuno, vero?
Niall O’Sullivan ha commentato a CNBC:
“Quando giro il mondo e parlo con gli investitori globali, la domanda è sempre la stessa: come aggiungo diversificazione al mio portafoglio?”
“Le vere diversificazioni”, come gli hedge fund, sono la nuova moda. Ma mica possiamo buttarci a occhi chiusi, eh? “Se decidete di farlo, dovete assicurarvi di ottenere ciò che vi siete illusi di ottenere.”
Eh già, perché un’indagine recente di PivotalPath ha messo in luce che molte strategie di hedge fund si sono comportate in modo fin troppo simile al solito, noiosissimo S & P 500. Insomma, la fatidica ‘diversificazione’ si sta dimostrando più un mito che una certezza.
O’Sullivan puntualizza: “Bisogna guardare a cosa si compra come si guarda a un film horror in pieno incubo: con attenzione. Serve uno stress test vero, basato su analisi di scenari e storie lunghe, per vedere se chi gestisce quei fondi ha saputo navigare tempeste passate.” Tradotto: se vuoi infilarti in questa giungla, almeno qualcuno che abbia visto un incendio vero ce lo vuole.
Per aggiungere pepe alla vicenda, PwC ci fa sapere che il mercato alternativo sta esplodendo come una supernova impazzita: entro il 2030 dovrebbe fatturare la bellezza di 432,2 miliardi di dollari, facendo più della metà del totale dell’industria del wealth management. Interessante, no?
Georgina Taylor, boss delle soluzioni investimento presso Invesco per EMEA, puntualizza durante un webinar che il rischio di concentrazione sugli indici azionari ha praticamente spinto gli investitori a cercare altrove, dove magari le cose sembrano più sicure o almeno più promettenti. Ora che i rendimenti del cash stanno andando a picco, il credito privato offre qualche pacca sulla spalla con un premium e – udite udite – una natura a tasso variabile che può addolcire la crudele ferita del rischio del reddito fisso. Un paradiso, insomma.
Occhio agli sguardi del grande fratello finanziario
Ma non è tutto oro quello che luccica nei mercati privati, anzi. Mentre i piccoli investitori fanno la danza della pioggia per gli investimenti alternativi, le banche centrali e i legislatori hanno messo le antenne dritte e puntano i riflettori su questi paradisi oscuri. Il Banca d’Inghilterra ha appena lanciato una task force esplorativa per indagare i rischi nascosti e le lacune di dati nel settore, proprio mentre la crescita dei mercati privati accumula vittime e sospetti.
Un test di stress in piena regola farà tremare o confermerà la solidità di questi settori, il che è fondamentale visto che giocano un ruolo sempre più centrale nel finanziare le aziende britanniche. Un’inchiesta parallela della Commissione della Camera dei Lord sulle normative finanziarie promette scintille e un report shock previsto per il prossimo anno.
Tra i nomi che hanno dicho “sì, ci siamo” per il test troviamo Blackstone, Apollo, KKR e Ares: tutte star del private market pronte a mettersi alla prova sotto i riflettori. E la stessa Banca d’Inghilterra ammette che “la resilienza attuale di questi mercati a uno shock serio non è stata ancora testata.”
Sarah Breeden, vicegovernatore per la stabilità finanziaria del BoE, ha specificato con la sua solita calma olimpica:
“Private equity e credito privato stanno diventando sempre più cruciali per aiutare le aziende britanniche a innovare, investire e crescere. Per continuare a godere di questi vantaggi, dobbiamo capire bene come i rischi potrebbero propagarsi nel sistema finanziario in caso di stress.”
E O’Sullivan torna a calare l’asso finale: “Non abbiamo ancora visto una crisi nel credito privato. Se vuoi scegliere un gestore di credito privato perché ti promette rendimenti allettanti, assicurati che abbia già attraversato una crisi vera. E che abbia avvocati ben armati nel team per negoziare quando la situazione si scalda.” Insomma, se siete convinti che la festa dei mercati privati non finirà mai, ricordatevi: il conto potrebbe arrivare inaspettato, e non vorrete mica pagarvelo senza difesa?

