Che sorpresa! Meta si è guadagnata un bel regalino dall’Unione Europea: un’indagine antitrust sulla gestione della sua intelligenza artificiale nell’app di messaggistica. Mentre Bruxelles sembra aver deciso di giocare al demonizzatore seriale delle big tech americane, questa volta il bersaglio è il nuovo regolamento di Meta che permette agli sviluppatori di IA di accedere a WhatsApp. Peccato che, a quanto pare, questo piccolo cortese invito potrebbe violare le sante regole della concorrenza europea.
Da Bruxelles arriva la dichiarazione ufficiale: si indagherà se questa politica di accesso da parte di provider IA violi i principi della concorrenza a livello comunitario. Magari ci si aspettava che un’azienda con i mezzi di Meta potesse semplicemente sfornare innovazioni senza scatenare processi, ma evidentemente il monopolio è un concept molto amato dalle istituzioni europee.
Meta non si è fatta certo pregare nel rispondere a questa ennesima iniziativa punitiva e ha subito dichiarato:
“Le accuse sono infondate. L’API di WhatsApp non è stata concepita per supportare chatbot basati sull’IA e, anzi, mette a dura prova i nostri sistemi.”
Un inno all’umiltà, dunque, con tanto di lamentele tecniche nel mezzo. E anche un’esplicita sottolineatura di quanto il mercato dell’intelligenza artificiale sia una giungla: la competizione è altissima e, per la gioia di ogni consumatore, esistono infinite vie d’accesso ai servizi, che siano App Store, motori di ricerca, mail, integrazioni con partner o i propri sistemi operativi.
Come dimenticare il romanticismo delle multe? Solo pochi mesi fa, la tanto adorata Commissione Europea ha messo la mano in tasca a Google, estraendo una stangata da ben 2,95 miliardi di euro per un solo piccolo dettaglio chiamato “pubblicità online”. Più recentemente, la goleada di sanzioni si è arricchita di 500 milioni a Apple per non aver rispettato i vincoli anti-“steering” (non si guida più nessuno?), e 200 milioni a Meta per “aver violato il diritto per i consumatori di scegliere servizi meno invasivi per i loro dati personali”.
Insomma, sembra che le autorità europee abbiano deciso di mettere il tappo ad ogni possibile eccentrico slancio delle grandi aziende tecnologiche statunitensi, mantenendo vivo e vegeto il romanticismo delle multe da capogiro e delle indagini senza fine. Di certo, nel gran ballo delle antitrust ogni protagonista ha la sua parte, con tanto di coreografia di accuse, smentite e litanie tecniche. E il pubblico? Quello resta a osservare, magari aggiornando la pagina in attesa del prossimo capitolo di una saga da far impallidire le migliori soap opera.



