Vladimir Putin e Narendra Modi o è solo una questione di interessi strategici ben mascherati? I fatti parlano chiaro: mentre Delhi si trova sotto le sberle delle tariffe punitive imposte dagli Stati Uniti per la sua inopinata voglia di comprare petrolio da Mosca, il presidente russo è accolto con tutti gli onori per una due giorni di summit nel cuore di India.
Un vero e proprio tripudio di affetto che, guarda un po’, arriva proprio nel momento in cui gli Stati Uniti mostrano il ditino del disappunto. Secondo Ian Bremmer, fondatore della celebre Eurasia Group, l’incontro vuole dimostrare che India non solo non si fida più di Washington, giudicata inaffidabile, ma vede Cina esattamente come un protagonista ostile nel gioco geopolitico globale.
Il palcoscenico è pronto per il 4 e 5 dicembre, date del 23° summit annuale tra India e Russia, durante il quale si prevede un ampliamento esponenziale non solo dei legami strategici, ma soprattutto di quelli commerciali. È tutto molto prevedibile, visto che questa visita era stata messa in calendario ben prima che il rapporto con gli Stati Uniti si guastasse clamorosamente. Se poi qualcuno pensava che Delhi avrebbe piegato la testa alle froci richieste di Washington, ebbene si sbagliava di grosso.
Chietigj Bajpaee di Chatham House ci tiene a sottolineare che India è molto fiera di mantenere “una politica estera indipendente” e non si lascia certo incatenare dai capricci di un’amministrazione di Trump ormai defunta.
E dal Kremlin non potevano essere più entusiasti: la visita viene definita di “grande importanza”. Ci saranno discussioni a tutto tondo sui “rapporti speciali e privilegiati”, che suonano tanto come un invito a vendere più armi, tecnologie nucleari civili e magari qualche strana concessione commerciale in cambio di altrettante concessioni.
Il sogno di una dichiarazione congiunta scintillante accompagnata dall’annuncio di una valanga di accordi interdipartimentali e business non manca certo d’arrivare. Insomma, un vero bazar diplomatico con tutti i fiocchi.
Squilibri commerciali degni di nota
Nel bilancio 2024-25, il commercio tra i due giganti ammontava a 68,72 miliardi di dollari. Fantastico, se non fosse che questo “magnifico” valore è pesantemente sbilanciato a favore della Russia. Con le esportazioni indiane verso Mosca che ammontano a magri 4,88 miliardi e importazioni russe in India a spaventosi 63,84 miliardi, sembra più un rapporto da feudatari che da partner paritetici.
L’obiettivo è dunque far felice qualcuno, puntando a 100 miliardi entro il 2030. Delhi sogna di spostare un po’ più di macchinari, prodotti chimici, alimentari e farmaceutici verso Mosca, mentre il Cremlino fa la parte del super tecnologico proponendo centrale nucleare civile e piccoli reattori modulari. L’idea è quantomeno di far dimenticare che le raffinerie indiane stanno riducendo l’acquisto di petrolio russo.
Bajpaee ci ricorda la vera chicca: “Si cerca di compensare le minori importazioni di petrolio con un’esplosione di relazioni in armamenti e cooperazione nucleare civile”.
Armi, promesse e dubbi
Il duetto dei due leader dovrebbe discutere pure dei futuristici jet Su-57 e del super scudo antimissile S-500. In teoria suona come un gran colpo, peccato che alcuni esperti – fedeli cantori dello scetticismo – ricordino che la Russia stenta a consegnare perfino il modello precedente, l’S-400, a causa di carenze elementari come i chip.
Ian Bremmer si sbilancia con una battuta al vetriolo: “L’India parlerà di armi, ma in realtà non ha alcun interesse per il Su-57.”
Tra il 2020 e il 2024 Russia è stata il principale fornitore di armi per l’India con il 36% di quota, seguita da vicino da Francia (33%) e Israele (13%). Ma attenzione, la quota russa cala vistosamente: dal 72% del 2010-14 al 55% del 2015-19 fino ad arrivare all’attuale 36%. Sic transit gloria mundi.
L’India sta corteggiando nuovi corteggiatori: Francia, Israele e, naturalmente, Stati Uniti. Un vero e proprio ménage à trois armato, dove la fiducia cambia rapidissimamente.
La difficile arte del bilanciamento geopolitico
Nel frattempo, Delhi è la star scomoda del palcoscenico internazionale, stritolata nelle grinfie delle tariffe americane che prendono di mira le sue importazioni di petrolio russo. Perché? Per punirla di aiutare Mosca nella sua epica resistenza contro le sanzioni occidentali e il conflitto in Ucraina.
La ricetta di Washington: se vuoi accedere agli Stati Uniti, preparati a prendere una botta del 50% sulle tue esportazioni, distribuita con geniale fantasia tra una tariffa americana del 25% e una ulteriore “multa” del 25% proprio per la scelta di fare affari con la Russia. Un trattamento VIP che fa impallidire chiunque altro sul mercato globale.

