Non c’è niente di più rassicurante che sentire la Banca Centrale Europea sbandierare l’ennesimo allarme sul mercato azionario globale, dove le valutazioni legate all’intelligenza artificiale sembrano ballare fra l’ottimismo cieco e un panico sopito. Insomma, secondo i saggi di Francoforte, siamo alle solite: tutti eccitati da titoli come Nvidia, Alphabet, Microsoft e Meta (pacchetto ipertrasformista chiamato “hyperscalers”) che promettono mari e monti, ma fa stranamente comodo ignorare che dietro quel profumo di crescita potrebbe nascondersi una bomba a orologeria pronta a far saltare il mercato da un momento all’altro.
Nel loro rapporto sulla stabilità finanziaria, gli anglomania di Francoforte non lesinano la solita morale: “Il mercato sembra non calcolare minimamente le fragilità e le incertezze persistenti”. Tradotto, il prezzo che vediamo oggi non riflette il rischio reale, magari perché tutti si aggrappano goffamente alla speranza che l’apocalisse non arrivi o – perché no – per paura di restare fuori dalla festa, quella che ormai somiglia più a un rodeo selvaggio che a un ballo di gala.
Ovviamente, quel che ci viene offerto è un equilibrismo sul filo del rasoio tra “FOMO” – acronimo altisonante per spiegare la famigerata “paura di perdere l’occasione” – e qualche vero affare nei titoli AI, che evidentemente tirano ancora qualche bottone buono. Come ha sottolineato Julien Lafargue, stratega di grido di Barclays, il rapporto della BCE serve più che altro a ricordarci che rischi ci sono, anche se la probabilità che si manifestino è bassissima. Certo, i prezzi non sono esattamente da saldo, ma, guarda un po’, i bilanci delle aziende mostrano ancora un minimo di crescita. A meno che non parliamo di società legate al quantum computing, il cui unico risultato palpabile sembra essere l’ottimismo irrefrenabile degli investitori (che è il modo elegante per dire “speriamo in bene”).
Detto in soldoni: ci sono azioni gonfiate dalla paura di restare indietro e altre invece sorrette da guadagni eccezionali. Il fatto è che saperle distinguere è diventato un esercizio da maestro… o da illuso.
Oscillazioni da luna park e “bolla” da manuale
Nel frattempo, ci siamo appena sorbiti settimane frenetiche tra guadagni esagerati di Nvidia, che prima ha visto il suo titolo schizzare e poi – quando meno te l’aspetti – crollare come un castello di carte. Colpa del solito giro di affari circolare, emissioni di debito a manetta e valutazioni esorbitanti? Basta a rendere il panorama borsistico globale una montagna russa degna del festival della schizofrenia finanziaria.
La metà degli esperti parla di una bolla gonfiata dall’intelligenza artificiale, mentre l’altra preferisce parlare di un generale “tutto è in bolla”, giusto per non lasciare nulla fuori dal mucchio. Ray Dalio, fondatore di Bridgewater Associates, ha espresso il suo timore da vecchio saggio, mentre Larry Fink di Blackrock fa spallucce ricordando che per l’infrastruttura AI non servono assegni da capogiro. La signora Cathie Wood di Ark Invest invece, con la sua proverbiale positività, rigetta totalmente l’idea che esista una bolla, come se tutto fosse una sorta di magia d’investimento perpetua.
La BCE: guardate ma non toccate… ancora
Questa lunga danza di avvertimenti, ampliata da altri ospiti indesiderati come la Banca d’Inghilterra e il Fondo Monetario Internazionale, vede la Commissione Europea mantenere un atteggiamento ambiguo: niente proclami ufficiali sulla presenza di una bolla, ma occhio a certi parallelismi con la famosa bolla delle dot-com. E qui il colmo è che le valutazioni attuali sarebbero giustificate da utili eccezionalmente robusti. Magari, se vogliamo essere cinici, li chiameremo profitti… effimeri.
Luis de Guindos, vicepresidente della BCE, si affretta a mettere il carico da undici ricordandoci che se le cose dovessero andare male, i fondi non bancari in Europa potrebbero trovarsi con le ossa rotte per via della loro massiccia esposizione al mercato americano. Detto in parole povere: se uno dei colossi tech fa uno starnuto, l’eco si propaga come un terremoto sulle rotte finanziarie del Vecchio Continente.
Un ulteriore cocktail molotov in questa miscela di instabilità sarebbe la famosa “liquidità fuori misura” dei fondi d’investimento aperti, le leve eccessive di fondi hedge e, ovviamente, l’oscura gestione di mercati privati, il che amplifica quel senso di precarietà che già ci fa compagnia tutte le notti.
Intanto, quel gruppetto di meraviglie tecnologiche chiamato “Magnificent 7” – ovvero Alphabet, Amazon, Apple, Tesla, Meta, Microsoft e Nvidia – si vanta di aver guadagnato un 24% da inizio anno, mentre il mercato delle criptovalute continua a sobbalzare come un bungee jumping su una corda usurata, con Bitcoin ed Ethereum a fare da attrazioni principali nello spettacolo tragicomico delle vendite di massa. Quindi, per chi ancora si illude di dormire sonni tranquilli, la BCE ha un piccolo promemoria: forse, e dico forse, prima o poi qualcuno dovrà pagare il conto.
Michael Field, stratega capo per le azioni di Morningstar, ci regala una perla di saggezza: le spettacolari 7 del mondo azionario americano rappresentano il 40% dell’indice Morningstar USA. A quanto pare, concentrarsi così tanto su sette sole azioni non è proprio il massimo della prudenza, ma eh, chi vogliamo che se ne accorga?
Come se non bastasse, il fatto che tutte e sette abbiano una pesante esposizione al magico tema dell’Intelligenza Artificiale (IA) aggiunge un “ulteriore livello di rischio”. Per fortuna, l’azienda intravede ancora un potenziale rialzo per la maggior parte di queste grandi star del mercato. La pecca? Tesla, che per Field è “più del 50% sopravvalutata”. Grazie per l’originalità, chi l’avrebbe mai detto!
Nel frattempo, il nostro caro Field ammette a denti stretti che i prezzi di molte altre azioni legate all’IA sono comunque gonfiati oltre ogni decenza, proprio come ironizzava la Banca Centrale Europea (BCE). Un esempio? ARM Holdings, gioiello britannico, che si scambia a quasi 90 volte le stime di utili per il 2026, praticamente il doppio del moltiplicatore di Nvidia. Ora, se questo non è un campanello d’allarme, allora non so cosa lo sia.
Ma niente panico, dice Field, con la calma del santo: “Quindi dobbiamo iniziare a farci prendere dal panico e vendere tutto? No, è la risposta. Però è importante riconoscere questo rischio insito e non farsi travolgere dalla ciofeca del FOMO (Fear Of Missing Out), mentre i prezzi continuano a salire.” In altre parole: comprate, ma con gli occhi ben aperti, magari senza perdere il sonno.
Una festa lunga che forse fa sbadigliare la BCE
Se a qualcuno serviva una voce fuori dal coro, Dan Ives di Wedbush ribatte con la tipica sicurezza del guru finanziario: niente bolla, signori! Siamo soltanto al terzo anno di una rivoluzione AI che durerà da otto a dieci anni. Parola del profeta.
E aggiunge con tono alquanto colorito: “Questo bull market tecnologico ha ancora due anni da godersi prima di un rallentamento, non certo un’esplosione. È tipo le 22:30 alla festa dell’IA e si continua fino alle quattro di mattina, mentre la BCE osserva dalla finestra con la faccia da chi vorrebbe entrare ma è rimasta fuori.”
Secondo lui, in Europa siamo rimasti congelati in una specie di capsula temporale tecnologica, bloccati tra criptovalute e altre mirabolanti innovazioni che hanno fatto saltare più di qualche nervo a investitori e imprenditori del Vecchio Continente. Il quadro è chiarissimo: il trenino dell’innovazione tecnologica ha lasciato indietro l’Europa, ma almeno l’osserviamo da lontano con un mix di invidia e frustrazione.

