Venerdì 28 novembre 2025, nella sacra sede di Confindustria, si è svolto il brillante “Network Factory”, una sorta di raduno di luminari, direttori e mestieranti dell’industria che si sono messi insieme per parlare di nuovi modelli di crescita. Ovvero, la solita rissa verbale in salsa manageriale condita dall’immancabile presentazione dei prodigi del progetto-pilota Ambassador, un gioiellino nato dall’unione d’intenti tra Piccola Industria e la miracolosa “Relazioni con il Sistema”, sempre pronta a risanare le debolezze strutturali del comparto. Lo scopo? Nientemeno che rafforzare il fragile posizionamento di Confindustria nel mare magnum del business contemporaneo.
Insomma, perché accontentarsi dei soliti schemi quando si può giocare la carta del format pilota, un modo elegante e pomposo per dire “stiamo cercando di capire come migliorare, ma chissà se ci riesce”. E così, tra una chiacchiera e l’altra, le imprese presenti si sono scambiate stralci di esperienze, quasi fossero fan club di una saga industriale poco entusiasmante ma di largo consumo.
L’Esperimento Ambassador: Chi Sponsorizza Chi?
Il progetto Ambassador è stato presentato come la panacea dei mali di una piccola industria che, a sentir loro, naviga a vista in un panorama competitivo a dir poco ostile. Peccato però che il termine “ambassador” suoni un po’ come “portavoce” incaricato di vendere una realtà forse un po’ meno luccicante di quanto si vorrebbe far apparire. Nel magico mondo della comunicazione aziendale questo genere di titoli servono a poco se non a nascondere dietro un paravento di buone intenzioni la mancanza di concretezza.
In pratica, tanti smile a favore di camera mentre si illustra come il progetto puntasse a valorizzare le capacità locali, senza però fare i conti con le vere barriere strutturali. Insomma, un esercizio di stile più che di sostanza, un rito di passaggio per addetti ai lavori che amano ascoltare sé stessi parlare.
Il Paradosso di una “Rinascita” Industriale
Ah, la rinascita industriale! Quando si sente questa espressione da esperti, convinti di avere il tocco di Mida, viene da chiedersi: si riferiscono al nostro Paese o a una realtà parallela? Nostro malgrado, il richiamo a nuovi modelli di crescita avviene spesso senza affrontare le domande scomode, come la burocrazia soffocante, l’innovazione dimezzata, la carenza di investimenti e la fuga di cervelli che sembrano fenomeni quasi mitologici a cui nessuno vuole mettere mano davvero.
Ma a nessuno piace rovinare una festa, soprattutto una dove si celebra il nulla con l’entusiasmo di chi ha un futuro molto brillante nel settore dei talk-show.
Il Networking: Quando Fare Finta di Lavorare Diventa Arte
Il fulcro dell’evento? Il networking, ovvero l’arte raffinata di scambiarsi strette di mano e biglietti da visita col sorriso di chi sa di non risolvere nulla ma vuole far credere il contrario. Quasi una moderna versione del rito tribale: “io sono importantissimo, tu sei importante, insieme facciamo faville”. Peccato che il tempo stringa e le crisi, quelle vere, non aspettano certo che i convegni finiscano.
Proprio questa caccia al contatto, più che alla soluzione, rende queste operazioni più simili a finte epidemie di entusiasmo industriale che a reali strategie di competitività. Anche perché, diciamolo, chi ha davvero il potere di cambiare le cose non ama mettersi troppo in mostra con giochini da parrocchia aziendale.
E così, la “Network Factory” rimane un palcoscenico ben oliato per recitare la parte del protagonista in un teatro dell’assurdo dove la missione è più apparire che agire.
Conclusioni: Tra Illusioni e Realtà di Cartone
In definitiva, l’incontro di Confindustria si configura come l’ennesimo siparietto in cui si parla tanto di crescita e innovazione ma si va avanti a passi di lumaca, più impegnati a dimostrare di lavorare bene che a fare realmente qualcosa di concreto. E questa è la verità che pochi osano pronunciare: il futuro della piccola industria non si costruisce con belle parole, fancy eventi e slogan accattivanti, ma con coraggio, scelte difficili e, soprattutto, meno chiacchiere e più fatti.
Ma sappiamo tutti che è molto più comodo illudersi con incontri del genere, dove anche gli insuccessi vengono incartati come successi targati Ambassador. Benvenuti nel magico mondo della rassegna permanente di ciò che vorremmo fosse, ma non è.



