Non c’è niente di più entusiasmante di ascoltare vecchie glorie del mondo industriale che ci spiegano come rendere Roma una metropoli un po’ meno caotica. Oggi è toccato a Giuseppe Biazzo, il Presidente di Unindustria, prestarsi a questo spettacolo nella poco piccante cornice della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati. Ovviamente, la parola d’ordine è “riforma”. Riforma dei poteri di Roma Capitale, perché a quanto pare l’urbe eterna ha bisogno di una “Capitale più forte per una regione più competitiva”. Roba da non perdere.
Il buon Biazzo ha pronunciato parole di incrollabile ottimismo e pragmatismo industriale, sottolineando come questa riforma rappresenti un atto “necessario” non solo per rafforzare la “personalità” di Roma, ma soprattutto per non perdere l’opportunità di trasformarla in qualcosa di vagamente decente. Che sollievo! L’ampliamento da 9 a 11 delle materie di competenza è stato accolto come un regalo divino, perché nulla dice “coerenza” come aggiungere altri pezzi a un puzzle già di per sé impossibile da decifrare senza una laurea in ingegneria nucleare.
Il leader di Unindustria auspica pure che i due processi legislativi – quello costituzionale e quello ordinario – procedano di pari passo, cosa che agli occhi di chiunque abbia mai assistito a discussioni parlamentari appare pura utopia, e che accanto a maggiori poteri arrivino risorse altrettanto maggiori. Difficile da immaginare in tempi di economie traballanti e conti pubblici in rosso, ma non si sa mai: la speranza è l’ultima a morire, giusto?
Ovviamente, il penguin Biazzo fa il simpatico e ricorda che una buona riuscita della riforma richiederà un “confronto costante e proficuo” tra Governo, Regione Lazio e la stessa Roma Capitale. Dimentica solo di dire che un confronto così proficuo e costante da queste parti è un po’ come chiedere la pace eterna tra gatti e cani. Serve un “riparto efficace delle competenze” e un “funzionale esercizio dei poteri” tra i vari livelli istituzionali, che, come chiunque conosca un minimo la macchina burocratica italiana sa bene, è la ricetta perfetta per generare caos, confusione e, soprattutto, tante belle chiacchiere.
In un crescendo di ottimismo, Biazzo confida che questa riforma possa finalmente risolvere “riordini complessivi” e rammendare riforme passate, quelle sì, irrisolte o lasciate a languire in un limbo all’italiana. Sorvola però sui dettagli gustosi, come quel fastidioso e irrisolto “nodo” tra Roma Capitale e la Città Metropolitana, quest’ultima una creatura burocratica che sembra inventata apposta per complicare la vita.
L’esempio principe di questa titanica confusione? Il porto di Civitavecchia e l’aeroporto di Fiumicino, che, sebbene siano due hub strategici vitali per i collegamenti della città eterna, gestiti al di fuori dei confini comunali ma all’interno di quelli metropolitani, rappresentano asset fondamentali per la stessa Roma e per l’intera regione. Un piccolo dettaglio logistico che però quanta semplicità promette, proprio come far entrare un elefante in un armadio senza rompere nulla.
Un teatrino istituzionale tutto da ridere
In definitiva, questa audizione ha tutte le premesse per la classica pantomima parlamentare dove tutti fanno finta di essere motivati a risolvere problemi annosi, ma nessuno sembra realmente intenzionato a sradicare le radici del disastro. Una “Capitale più forte” parrebbe più un esercizio retorico che una roadmap concreta, soprattutto se ad accompagnarla ci sono infiniti passaggi, competenze confuse e risorse che, per definizione, difficilmente saranno all’altezza delle parole altisonanti.
Nel frattempo, Roma resta la solita giostra di interessi incrociati, pochi effettivi cambiamenti e tanti bei proclami da campagna elettorale. Se non altro, però, ci garantiscono che stanno lavorando. Almeno questo, a modo loro, è un dato di fatto.



