Bce annuncia i tassi di ottobre 2025: preparatevi all’ennesima puntura al portafoglio

Bce annuncia i tassi di ottobre 2025: preparatevi all’ennesima puntura al portafoglio

La Banca Centrale Europea ha fatto quel miracolo di fermezza che non sorprende più nessuno: ha lasciato i tassi di interesse esattamente dove erano, cioè fermi, al 2%. Terza volta consecutiva. Come dire, “non si tocca nulla, per ora”. Dopo l’ultima tagliatina a giugno, giusto quando l’inflazione dell’Eurozona ha pensato bene di avvicinarsi al mitico obiettivo del 2%, la BCE ha deciso di non mischiare le carte. Un gioco da bambini, se si pensa che solo un anno fa eravamo a un incredibile 4%, record alto a cui nessuno vuole rinunciare.

La solita dichiarazione ufficiale della BCE, al solito rituale dell’annuncio: “L’inflazione resta vicina all’obiettivo medio-termine del 2% e la valutazione del Consiglio Direttivo sull’andamento dell’inflazione non cambia molto.”

Si fa finta di non vedere che l’economia continua a crescere malgrado il contesto mondiale faccia venire il mal di testa, grazie a un mercato del lavoro ancora abbastanza robusto, bilanci privati solidi e i tagli ai tassi fatti tempo fa, quelle misure che sembravano essenziali per evitare il disastro.

Naturalmente, c’è sempre la nota pessimista da manuale: “Le prospettive restano incerte, specialmente per le guerre commerciali globali e le tensioni geopolitiche in corso.” Tradotto: stiamo immobili perché abbiamo paura del futuro, non perché abbiamo le idee chiare.

L’inflazione è addirittura salita all’1,2% a settembre, rispetto al 2% di agosto, tutto grazie a un aumento dei prezzi dei servizi, ovviamente. Gli economisti, diligenti e prudenti, avevano predetto che la BCE sarebbe stata molto cauta nel toccare i tassi in questo momento così delicato.

Per giustificare questa calma olimpica, è stato sufficiente uno sguardo ai dati preliminari sulla crescita dell’Eurozona, che segnano un’impennata dello 0,2% nel terzo trimestre rispetto al trimestre precedente, superando leggermente le attese. Insomma, tutto bene, nonostante la confusione generale causata dalle tariffe americane.

Christine Lagarde, sempre pronta a postare ottimismo ben calibrato, ha spiegato ai cronisti che mentre il settore dei servizi si è reso protagonista di una performance solida, infatti spinto dal turismo e dai servizi digitali in ripresa, la produzione manifatturiera invece langue, soffrendo per colpa di tariffe più alte, l’incertezza che fa sempre piacere e l’euro più forte. Che bello, un quadro confortante, no?

Inoltre la differenza tra domanda interna ed esterna rimarrà “probabilmente stabile” a breve termine. E voi che pensavate che le faccende interne potessero sistemarsi da sole…

Ma non preoccupatevi troppo, perché “l’economia dovrebbe trarre beneficio da un aumento dei consumi, spinti da un miglioramento del reddito reale” (chissà quando, ma intanto diciamolo).

Dopo l’annuncio, l’euro ha pensato bene di non farsi prendere dall’euforia, preferendo ripiegare e scendere dello 0,26% nei confronti del dollaro, attestandosi a $1,1571. Che emozione!

Mike Coop, direttore degli investimenti di Morningstar Wealth, ha definito la comunicazione della BCE con la spiazzante definizione di “noiosa”. Magnifico elogio, che però ci fa capire due cose: l’inflazione sembra tornata a comportarsi bene (almeno così credono loro), e non c’è nessuna fretta di cambiare i tassi.

Secondo Coop, l’Europa sta ancora cercando di abituarsi a questi tre piccoli inconvenienti chiamati: fine dell’era del gas economico, rapporti commerciali peggiori con gli Stati Uniti e la necessità di spendere di più in difesa. Aggiungiamo poi che l’America sta reclamando i suoi investimenti dal resto del mondo, dunque niente stimoli aggiuntivi per il Vecchio Continente che pure vorrebbe crescere.

La strategia della BCE: dati su dati, pazienza e improbabile decisione

La BCE si ostina a ripetere che ogni decisione sui tassi sarà presa «meeting per meeting» e sempre «in funzione dei dati». Massive assicurazioni di agire con prudenza e senza fretta, come una tartaruga rilassata, mentre ogni tanto qualche membro del Consiglio Franco-tedesco cerca di far capire che il ciclo di allentamento monetario probabilmente è vicino alla fine, o quasi.

Martin Kocher, membro del Consiglio Direttivo e governatore della Banca Nazionale Austriaca, ha detto pragmaticamente che “finché non succede niente di drastico, l’Europa è a posto”. Una frase che potrebbe essere il motto nazionale della politica economica continentale: va tutto bene finché non va male.

Con la sua proverbiale saggezza ha aggiunto di non vedere ragioni per cambiare rotta, «a meno che non si presentino situazioni che ci obblighino a farlo». Il che suona come un invito a restare a guardare, sperando che qualche crisi epocale ci stimoli a muoverci.

Non dimentichiamo François Villeroy de Galhau, altro membro del Consiglio Direttivo, che ha raccomandato un “pragmatismo agile” nella gestione dei tassi, sottolineando una saggezza degna di un manuale: “Siamo in una buona posizione, ma una buona posizione non è una posizione fissa.” Insomma, pronti a cambiare ma solo se proprio necessario. Oppure mai.

Per non farci mancare nulla, la maggioranza degli economisti interpellati a metà ottobre ha previsto che i tassi di deposito resteranno inchiodati dove sono per tutto il 2024, mentre una fetta non marginale, il 57% circa, non si aspetta cambiamenti nemmeno entro la fine del 2026.

In definitiva, la BCE ci invita a un paziente e raffinato gioco di attesa, mentre l’Eurozona naviga tra gli scogli del presente con una politica monetaria che, più che un timone, assomiglia a un orologio fermo. Ma almeno è così rassicurante no?

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