Donald Trump, direttamente dal suo altare digitale denominato “Truth Social”, decide di rispolverare il manuale delle minacce nucleari e ordina al Pentagono di riprendere i test sulle armi atomiche “a pari condizioni”. Una precisazione fenomenale, visto che nessuno era mai riuscito a capire cosa intendesse per “pari condizioni”.
Ovviamente, questa brillante mossa arriva come risposta esemplare all’attività frenetica degli “altri” paesi, che evidentemente avevano iniziato a giocare con i giocattoli atomici con un po’ troppo entusiasmo. Il tutto mentre il nostro caro Dipartimento della Difesa, ironicamente ribattezzato “Dipartimento della Guerra” grazie a un colpo di genio esecutivo firmato proprio da Trump – senza manco chiedere ai legislatori – si prepara a tornare ai gloriosi anni ‘90, quando i test nucleari erano all’ordine del giorno.
Il tutto è stato motivato dalla notizia che Mosca ha dichiarato di aver testato con successo il super siluro nucleare Poseidon, un aggeggio che manco nei peggiori romanzi di fantascienza post-apocalittica si era visto. A testimonianza di ciò, il solito Vladimir Putin ha orgogliosamente annunciato che per la prima volta sono riusciti a lanciare l’unità nucleare facendo fare un salto quantico all’arsenale subacqueo russo.
E come se non bastasse, poco prima Mosca si era pure divertita a far volare il suo nuovo missile da crociera nucleare Burevestnik, seguito da sceneggiatine di esercitazioni di lancio – perché la pace mondiale è sempre in cima agli impegni di questi gioviali amministratori.
Nel frattempo, gli Stati Uniti non provano un vero test nucleare dal lontano 1992, quando l’allora presidente George H.W. Bush ha preso il nobile impegno di smettere unilateralmente. Quasi una benignità, finché nel 1996 non è arrivato il trattato di divieto totale ai test nucleari varato da Bill Clinton. Insomma, un bel cambiamento epocale, almeno sulla carta.
Trump, invece, nel suo post libertino ci ha tenuto a rivendicare che gli Stati Uniti possiedono il più grande arsenale nucleare del pianeta, a dispetto delle prove che dicono tutt’altro, e ha profetizzato che Russia e Cina raggiungeranno la parità in cinque anni. Una statistica da bar dello sport per chi crede ancora alle favole.
Ma per chi vuole i numeri seri, quelli scomodi, i conti li ha fatti una feroce compagine di scienziati e attivisti impegnati nel controllo degli armamenti: sempre secondo loro, la Russia dovrebbe detenere ben 5.459 testate nucleari nel 2025. Gli USA inseguono con 5.177 ordigni, mentre la Cina gioca in un’altra lega con 600 testate solo.
Questa fotografia, redatta da storici scettici fondati subito dopo la Seconda Guerra Mondiale per garantirci che la follia nucleare non diventasse banale, invece di rassicurare accende solo l’allarme: continuiamo a sventolare le bombe come fossero bandierine da esposizione, dimenticando che dietro ognuna c’è il rischio reale di un’apocalisse di cui nessuno vuole davvero parlare.
La scacchiera nucleare: ironia e contraddizioni in gioco
Finalmente abbiamo scoperto che il “Dipartimento della Guerra” non è solo una trovata da film distopico ma una realtà legislativa – peccato solo che il Congresso la stia ancora bocciando con lo stesso entusiasmo di una multa inaspettata.
E come non citare la mirabile coerenza con cui Trump lancia una sfida alla comunità internazionale, mentre ripristina pratiche di guerra nucleare che qualcuno avrebbe voluto dimenticate? È proprio così che si costruiscono ponti di pace e dialogo, ovviamente attraverso minacce atomiche e blateramenti da social network.
La morale? Che finché i politici, fra un post delirante e una parata militare, continueranno a giocare con le bombe come fossero bambole, possiamo solo sperare che almeno la satira resti l’unica vera arma nucleare a nostra disposizione. Perché, ahinoi, il resto è pura follia con licenza di distruggere il mondo.



