Nel trimestre concluso a settembre, il profitto prima delle tasse è stato di 7,3 miliardi di dollari, mentre i ricavi si sono attestati a 17,8 miliardi, sopra ogni proiezione. Questo grazie a un aumento del 15% del reddito netto da interessi e a un sorprendente balzo del 30% del giro d’affari nel segmento ricchezza, che – inutile dirlo – continua a espandere i suoi profitti come se nulla fosse.
Georges Elhedery, CEO del gruppo HSBC, ha dichiarato con tono trionfante che la strategia adottata ha garantito performance solide, nonostante l’onere legale derivante da questioni “storiche”. Ecco, la parte divertente arriva ora: la banca ha dovuto accantonare la bella cifra di 1,1 miliardi di dollari per contestazioni legate al famoso caso di frode di Bernard Madoff, un episodio datato 2009 che comunque continua a incidere – e non poco – sui risultati finanziari.
La faccenda ruota intorno a una causa intentata da Herald Fund SPC contro la filiale lussemburghese di HSBC, che pretende il ritorno di titoli e contanti persi nella truffa Madoff. Dopo un rifiuto parziale dell’appello da parte della corte lussemburghese, la banca si prepara a nuove e interminabili battaglie giudiziarie, sperando forse in un colpo di fortuna – o in un arrendevole giudice d’appello.
Ah, e la ciliegina sulla torta: questa accantonamento di oltre un miliardo andrà a intaccare il cosiddetto capitale CET1 della banca, detta anche l’indicatore principe della solidità finanziaria, di circa quindici punti base. No, non è poco: per una banca della statura di HSBC, ogni minuscola variazione del CET1 è un terremoto sotto il tappeto pulito dei numeri.
Per contro, il colosso bancario ha appena annunciato l’intenzione di portare in privatizzazione la sua controllata asiatica, Hang Seng Bank, valutata la bellezza di 37 miliardi di dollari. Elhedery non ha perso occasione per ribadire la fiducia incondizionata nel ruolo di Hong Kong come “leader nel panorama finanziario globale”, mentre nel frattempo il rapporto dei prestiti non performanti della banca ha esplorato nuove vette, arrivando al 6,69% nella prima metà del 2025.
Ovviamente, il mercato ha accolto questa combinazione esplosiva con un modesto rialzo dell’1,3% nelle azioni di HSBC a Hong Kong. Perché – diciamolo – nulla spaventa più degli scandali quando i profitti scorrono a fiumi.
Numeri, miraggi e illusioni in salsa bancaria
Si potrebbe pensare che il trionfo di HSBC sia legato a una gestione impeccabile o a un sistema infallibile, ma la verità è che le banche di questo calibro sembrano più maestre nell’arte di nascondere la polvere sotto il tappeto delle variazioni del patrimonio netto tra un contenzioso infinito e grandi scommesse finanziarie. L’aumento dei costi operativi del 24%, per esempio, è un vero regalo per gli amanti dei numeri curiosi: dietro questa percentuale si celano spese per cause legali, operazioni straordinarie e chissà quali altre magie contabili.
La crescita attesa del reddito da interessi bancari per il 2025, fissata sopra i 43 miliardi di dollari, è poi l’ennesima prova di quella celebrazione mistica della “fiducia sui mercati” e sui “tassi di politica monetaria” che da sola basterebbe a far sorridere ogni economista scettico. Sembra quasi che le previsioni vengano fatte a colpi di bacchetta magica, affidandosi a un futuro roseo sperato ma non documentato.
In definitiva, HSBC continua a dimostrare che per giocare nel grande circo finanziario globale serve soprattutto saper gestire bene lo storytelling. Tra numeri astronomici, problematiche irrisolte e un futuro incerto, l’unica certezza resta che lo spettacolo deve andare avanti, tra applausi – o almeno un moderato interesse degli investitori – e una dose abbondante di faccia tosta.



