Un ministro tra plastici e propaganda
Cosa fa un Ministro delle Infrastrutture che le infrastrutture le visita più su Instagram che nei cantieri reali? Semplice: va all’Ara Pacis a godersi una mostra patinata, curata da Webuild, sul futuro delle grandi opere. Non una pietra posata, non un elmetto sporco, ma tanta scenografia e autocelebrazione. L’evento si chiama “Evolutio”, ma più che evoluzione sembra riciclo di promesse: dighe, ponti, gallerie… tutte potenzialità proiettate in un futuro nebuloso, sempre a qualche legislatura di distanza.
La compagnia del rendering
Ad accogliere Matteo Salvini, i soliti noti: Pietro Salini, AD di Webuild, e Pietro Ciucci, AD di Stretto di Messina, che ormai compare più del ponte stesso. Una presenza fissa, come il rendering del ponte sullo Stretto: nitido, fotorealistico, ma sempre e solo immaginario. Il clima? Quasi da red carpet, ma con l’odore di calcestruzzo evaporato.
Una mostra lunga… come i ritardi
“Evolutio” promette un viaggio tra energia, acqua, trasporti. In realtà, è una maratona di PowerPoint, con video “emozionanti” e testi “ispirati” che mascherano l’assenza di progetti conclusi. Il tutto condito da una narrazione che trasforma ogni cantiere mai aperto in un trionfo dell’ingegneria. Mancano solo le fan fiction sui TAV mai completati.
Il museo delle promesse
L’evento ha anche svelato EVOLUTIO.MUSEUM, un museo digitale che raccoglie 1,5 milioni di contenuti su progetti, sogni e ambizioni. Una specie di Netflix dell’incompiuto. C’è tutto, tranne le opere terminate. Mentre si celebra l’archivio, i cittadini italiani continuano a fare pendolarismo su tratte da terzo mondo.
Una tournée mondiale. E intanto il ponte non c’è
La mostra, manco a dirlo, parte in tournée: Milano, Napoli, Reggio Calabria, poi Palermo, poi il mondo. Dall’Australia all’Arabia Saudita, per esportare non infrastrutture, ma retorica made in Italy. Un roadshow da rockstar del rendering, mentre gli operai veri aspettano gare d’appalto e fondi mai stanziati.
Il vero obiettivo? Il solito: sembrare che si fa
La mostra dice di voler far riflettere sul ruolo delle infrastrutture. Ma il vero messaggio è uno solo: “Guardate come siamo bravi a raccontarvi che faremo qualcosa”. Un nuovo tempio del “si farà”, dove la grande opera è sempre lì, dietro l’angolo, pronta a essere rimandata.



