Oh, finalmente l’Unione Europea si è decisa a fare qualcosa di serio contro Russia per la sua “invasione” dell’Ucraina. Infatti, il giovedì scorso l’UE ha varato un nuovo pacchetto di sanzioni, seguendo la brillante scia degli Stati Uniti, bersagliando direttamente l’infrastruttura energetica di Mosca. Una mossa da record, che include la proibizione totale delle importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) russo. Finalmente un po’ di fermezza, anche se con qualche settimana di ritardo rispetto alla diplomazia artistica consueta.
Non poteva mancare la ciliegina: subito dopo, Donald Trump (sì, proprio lui) ha annunciato una svolta nella sua politica energetica, imponendo nuove sanzioni contro due giganti del petrolio russo, Rosneft e Lukoil. Il magnate ex-presidente ha spiegato ai giornalisti, con la consueta modestia, che era il momento “appropriato” per colpire questi colossi. Ha parlato di misure “straordinarie” ma si è affrettato a sperare che non rimangano in vigore a lungo, perché si sa, l’equilibrio mondiale è solo un gioco a tempo.
Kaja Kallas, l’incaricata per la politica estera e di sicurezza dell’UE, ovviamente non ha perso l’occasione per sposare la linea dura dell’amministrazione Trump, definendo le sanzioni contro le compagnie petrolifere russe un vero e proprio “segno di forza”.
Ha spiegato in un’intervista a un canale televisivo americano, con un entusiasmo che forse meriterebbe una pausa caffè:
“Stiamo proprio togliendo a Russia i mezzi per finanziare questa guerra, ed è assolutamente necessario per porre fine a questo conflitto.”
Il tocco social non è mancato, con la signora Kallas che ha annunciato contenutamente che il nuovo pacchetto prevede colpi mirati a banche russe, piattaforme crittografiche e, neanche a dirlo, a entità collegate in India e Cina. Perché se si parla di tagliare le gambe alla Russia, è sempre meglio farlo allargando il raggio d’azione quanto più possibile (più o meno come per tenersi buoni tutti con la speranza di qualche risultato).
Da parte sua, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha voluto enfatizzare che questo è il diciannovesimo pacchetto di sanzioni – diciannove! Una saga infinita – e che questa volta si colpisce per la prima volta il settore gas, cioè proprio il cuore pulsante dell’economia di guerra russa.
Parole ovviamente intenzionate a mantenere “alta la pressione sull’aggressore”, perché, si sa, più pressione si mette, più velocemente si ottiene la “pace giusta e duratura” per l’Ucraina.
Lars Lokke Rasmussen, il ministro degli esteri danese, ha messo la ciliegina sulla torta descrivendo le sanzioni come un passo “decisivo” per stroncare le entrate petrolifere e gassifere della Russia. Ovviamente, ha aggiunto, le sanzioni americane faranno il resto, scatenando un “impatto severo” sull’economia del Cremlino, quasi come se qualcuno potesse ancora pensare il contrario.
Il finale da manuale: il patto sulle sanzioni è stato raggiunto dopo settimane di fitte trattative – quasi una telenovela burocratica –, proprio poche ore prima dell’atteso vertice a Bruxelles, dove il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy si è riunito ai suoi omologhi europei per un summit lampo. Essenziale, come sempre, per ribadire che qualcosa si sta facendo.
I prezzi del petrolio fanno festa
Come se avessimo bisogno di un segnale più chiaro, il prezzo del petrolio ha subito un’impennata del 3% giovedì mattina, continuando la corsa iniziata nella seduta precedente.
Il benchmark internazionale Brent ha visto i futures a dicembre schizzare a $64,66 al barile, mentre gli americani del West Texas Intermediate si sono piazzati poco sotto a $60,46, anche loro in aumento del 3,3%. Un vero spettacolo per gli investitori che amano le montagne russe energetiche.
Tamas Varga, analista della PVM Oil Associates, ha commentato con una sincerità che rasenta l’ironia: l’iniziativa di Trump è “significativa”, dato che è la prima volta che il tycoon statunitense mette nel mirino proprio il settore petrolifero russo.
Ha aggiunto via email che il mercato ha reagito esattamente come si poteva prevedere, con un bel rialzo. Tuttavia, precisa, ogni volta che l’UE o il G7 hanno tentato di tarpare le ali ai produttori russi, c’è sempre stato qualcuno disposto a comprare il loro oro nero.
Varga conclude la sua disamina con una perla di saggezza degna di un dibattito a tavola:
“Le sanzioni sui fornitori di petrolio funzionano davvero solo se si mette pressione anche ai consumatori. Per questo motivo, la decisione di India di ridurre drasticamente gli acquisti di petrolio russo è quasi altrettanto importante delle sanzioni statunitensi contro le compagnie energivore russe.”
Insomma, il grande circo delle sanzioni va avanti, tra mille proclami, misure promesse come decisive e un mercato del petrolio che, come sempre, sembra godersela alle spalle dei grandi registi di questa tragedia geopolitica. Ma si sa, la pace passa inevitabilmente per le bellissime parole e le mossa a effetto, anche se, nel frattempo, il gas continua a scorrere e i barili a girare.



