Taglio dei tassi in Uk appeso a un filo mentre l’inflazione decide di non andare in vacanza

Taglio dei tassi in Uk appeso a un filo mentre l’inflazione decide di non andare in vacanza
Folkestone, si potrebbe pensare che l’inflazione al 3,8% per il terzo mese consecutivo sia una passeggiata nel parco, ma ovviamente non è così. L’inflazione, data a settembre praticamente invariata, dovrebbe idealmente far scattare campanelli d’allarme ovunque, ma i soliti “esperti” preferiscono giocare all’ago della bilancia tra ottimismo e realismo forbito.

Il dato, consegnato dall’ineffabile Office for National Statistics, ci mostra un quadro di sofferenza per consumatori e imprese ancora vivido, ma c’è sempre la speranza – quella fede incrollabile – che si tratti del picco prima della discesa. E quale miglior modo per rincuorarsi, se non tirando fuori previsioni azzardate? La Bank of England aveva previsto un picco al 4%, il doppio del famigerato obiettivo del 2% che probabilmente nessuno ricorda più.

Economisti interpellati da qualche agenzia, con l’aria di chi ha appena scoperto l’acqua calda, si aspettavano lo stesso risultato: un 4% di inflazione per settembre. Invece, sorpresa delle sorprese, siamo a 3,8%. Un’agonia per chi sperava in un calo netto, ma il tutto resta appeso al filo del rasoio.

La cosiddetta “inflazione core”, quella che esclude i prezzi ballerini di energia, cibo, alcol e tabacco, è scesa marginalmente dal 3,6% di agosto al 3,5% di settembre. Cioè praticamente nulla. Un dettaglio insignificante se non fosse per il teatrino di giustificazioni che segue.

Grant Fitzner, l’economista capo dell’ONS, ci regala qualche perla da manuale: i prezzi della benzina e dei voli sono i “principali motori al rialzo”, ma poi “sono stati compensati da cali nei costi di eventi ricreativi e culturali.” Tradotto: mentre corriamo a fare il pieno, possiamo consolarsi con qualche concerto scontato. Mica male.

E non poteva mancare la chicca sul cibo e le bevande analcoliche, che “sono scesi per la prima volta da maggio dello scorso anno.” Ammazza, un calo dopo un anno? Mettiamolo sui libri dei Guinness.

Rachel Reeves, la Cancelleria delle Finanze, si dichiara “non soddisfatta” dei dati, ma per fortuna tutti nel governo hanno il sacro dovere di aiutare la Bank of England a “riportare giù l’inflazione”. Curioso come questa responsabilità divina venga distribuita in modo così democratico, come se il governo potesse davvero fare miracoli mentre l’economia va a rilento.

Taglio dei tassi a novembre? Magari

Con i dati infiammati appena pubblicati, fuor di metafora, la prossima riunione della Bank of England il 6 novembre è una partita a poker tra chi vuole tagliare i tassi di interesse e chi preferisce tenersi sul cauto. Alcuni economisti, riempiendo pagine e pagine di analisi, sperano in un abbassamento dal 4% attuale.

Dall’altra parte, ci sono quelli che ricordano che l’inflazione rimane ostinatamente alta e che i segnali di crescita economica sono acquitrinosi: l’ultimo dato sul PIL britannico mostra un misero +0,1% a livello mensile. Che entusiasmo.

George Brown, senior economist di Schroders, ci regala un’altra perla da predicatore travagliato:

“Un’inflazione vicina al 4% dovrebbe essere un campanello di allarme per i mercati, che invece continuano a sognare due riduzioni dei tassi per il prossimo anno.”

Ci informa che l’ultima riunione dell’anno è fissata per il 18 dicembre e profetizza la permanenza dei tassi alti “fino alla fine del 2026” con annessa possibilità che il prossimo movimento sia addirittura al rialzo. In altri termini: in bocca al lupo.

Suren Thiru, direttore economico dell’ICAEW, si unisce al festival delle buone notizie affermando che il taglio di novembre “è appeso a un filo sottilissimo.” La ragione? Prima bisogna valutare come le nuove misure annunciate nel prossimo bilancio autunnale influenzeranno l’inflazione. Tradotto: si aspetta che la Cancelleria annunci una dieta feroce di tasse e tagli di spesa, che eventualmente potrebbero smorzare la fiammata inflazionistica.

Reeves tra l’incudine e il martello

Il quadro economico britannico è un miscuglio così confuso che perfino i più navigati strateghi come Scott Gardner di J.P. Morgan confessano che è difficile capire quale strada possa prendere il governo.