Durante la sua puntatina ufficiale, il Ministro Alessandro Giuli ha messo in scena tutta la sacralità sociale di quella meraviglia di mostra che Webuild ha deciso di regalarci, ovvero un’esaltazione epica delle infrastrutture italiane, protagoniste – a quanto pare – di un miracolo nazionale che ha completamente trasformato il Belpaese.
“Con la mostra EVOLUTIO, Webuild mette in mostra l’autobiografia e il genio dell’Italia, una nazione che, nell’arco di un secolo, ha percorso un cammino di sviluppo straordinario, grazie soprattutto a infrastrutture che hanno magicamente strappato gli italiani dal baratro del bisogno”, ha declamato il Ministro, come fosse a un rito mistico.
E ovviamente, oltre ad essere una parabola etica-sociale di alto livello, si tratta anche di un capolavoro ipertecnologico che ci spiega in modo semplicissimo – quasi fosse una favola per bambini – cosa significhi sicurezza sul lavoro, ricerca, formazione e l’irrinunciabile arte di costruire ponti e collegamenti, ossia regalare alle future generazioni libertà di scelta. Tutto ciò visitabile fino al 9 novembre al Museo dell’Ara Pacis, accompagnato dall’immancabile presenza del CEO Pietro Salini, che guadagna minuti di gloria sfruttando le spoglie dei cantieri.
Pietro Salini ha poi filosofeggiato così: “EVOLUTIO ci ricorda la trasformazione stupefacente dell’Italia in decenni, grazie a questa mitica rete di infrastrutture, e come centinaia di eroi del lavoro abbiano trasformato un paese agricolo in una potenza industriale con una qualità della vita ormai… quasi decente.”
E come se non bastasse, questa mostra itinerante non vuole fermarsi solo alla vetrina romana. No, perché dopo aver fatto tappa in città strategiche come Milano, Napoli, Reggio Calabria e Palermo, si palleggerà la palla dell’orgoglio infinto anche all’estero, in nazioni scelte a caso tra Australia, Stati Uniti e Arabia Saudita, giusto per aggiungere quel tocco internazionale da grande player globale.
Il progetto, si dice, cercherà di raccontare con immagini, testimonianze e installazioni – perché a parole da sole non basta mai – il ruolo centrale e imprescindibile delle infrastrutture nell’evoluzione di un Paese che, sorpresa, ogni tanto si dimentica di ringraziare quelle stesse infrastrutture quando si bloccano o diventano costosissime.
Un percorso tematico degno di un’epopea
Dimenticatevi visitine scontate: la mostra si dipana in diverse aree tematiche – con quella pomposità che tanto ci affascina – dedicate a energia, acqua, trasporti, edilizia urbana e tecniche costruttive. Per ogni sala, in una cronistoria delirante, i poveri visitatori vengono guidati da video, immagini e testi che tentano di raccontare con fare solenne le opere e il contesto storico che le ha generate, tanto per non farci dimenticare che il Belpaese, alla fine, non è solo pizza e mandolino ma ha pure un passato industriale da paladini.
Due sono, ovviamente, le chiavi di lettura promosse: quella etica, che fa tanto “evangelizzazione delle grandi opere”, e quella tecnologica, perché spiegare che un ponte è solo un ponte non sarebbe abbastanza illuminante. Insomma, se volete scoprire quanto siamo grandi nella costruzione, tutto il mito è lì, da ammirare finché dura.
In conclusione, questa mostra è l’archetipo perfetto della propaganda spillata a grandezza naturale: tante luci, qualche ombra appena accennata, e un messaggio ben confezionato che trasforma lacrime, sudore e maledizioni dei cantieri in una favola sociale e tecnica che – per un attimo – fa scordare a tutti i problemi reali delle infrastrutture italiane, che ciclicamente franano sotto il peso dell’inefficienza, dei ritardi e, ovviamente, dei costi astronomici.
Ma chissà, al prossimo ponte che crolla o treno in ritardo potremo sempre dire: “Almeno abbiamo EVOLUTIO”.
Ah, la storia dell’ingegneria italiana raccontata come un romanzo epico, certo, perché nulla dice progresso come una diga o un ponte! Sveliamo quindi i “Giorni: come si viveva”, un tuffo nostalgico nei decenni passati, e “Il cammino dell’Italia: le Opere”, che tenta di farci credere che strade e ponti siano la linfa vitale del progresso, giustificando il tutto con un omaggio al caro vecchio Esiodo e i suoi “Opere e giorni”. Perché, si sa, citare i classici dà sempre quel tocco di serietà e nobiltà.
Durante questa scampagnata culturale è stato anche lanciato in pompa magna EVOLUTIO.MUSEUM, il primo museo digitale che celebra le infrastrutture italiane. Qui, con un colpo di bacchetta magica, si raccolgono oltre 400 progetti e più di 1,5 milioni di contenuti d’archivio: se vi sembrava difficile spiegare cosa significhi una diga, ora potete sbizzarrirvi con video, foto e documenti d’epoca, compresi quelli di grandi nomi come il fotografo Guglielmo Chiolini e il regista Ermanno Olmi. Insomma, un concentrato di memorie industriali da far girar la testa.
Per chi volesse sentirsi ancora più “colto e ingegneristico”, il progetto divulgativo EVOLUTIO rientra nell’Agenda Cultura di Webuild, una strategia brillante che si propone di trasformare la cultura ingegneristica in una leva per lo sviluppo sociale e la valorizzazione dei territori. Tradotto: mostre, libri, collaborazioni con musei e università, e ora anche archivi digitalizzati, perché cosa c’è di meglio che tante belle parole e un buon archivio per far credere che tutto questo progresso sia un affare pubblico e condiviso?



