Amazon Web Services si prende una pausa e trascina con sé i siti più famosi del web — e nessuno sa cosa fare

Amazon Web Services si prende una pausa e trascina con sé i siti più famosi del web — e nessuno sa cosa fare

Che sollievo! Un altro lunedì mattina segnato da un’imperdibile performance di Amazon Web Services (AWS) nel distruggere l’infrastruttura digitale di mezza internet. Perché, si sa, la modernità dipende da un fornitore che, in caso di malfunzionamento, riesce a mettere ko piattaforme grandi come interi stati sovrani.

Con l’ineffabile spiegazione di un generico “problema operativo” che ha colpito “molti servizi”, AWS ha lasciato a piedi ben oltre 70 dei proprio sistemi. Magia delle comunicazioni aziendali: un aggiornamento alle 2:01 di mattina del Pacific Time ci ha informati che – sorpresa! – stavano lavorando su “percorsi paralleli” per accelerare il recupero. Nulla di più chiaro e rassicurante.

Ovviamente, pochi minuti dopo arriva il rassicurante annuncio di “significativi segni di recupero”, ovvero la versione tecnologica del “tutto sotto controllo, ma facciamo ancora un po’ di casino”. Continuano a martellare con l’idea che “la maggior parte delle richieste dovrebbe ora andare a buon fine”, mentre la sgradevole realtà prevede un arretrato di richieste accumulate e una pazienza infinita da parte degli utenti alla mercé di server pigri.

Alle 3:03 am, momenti di gloria: alcuni servizi si sono ripresi, in particolare quelli globali legati alla regione US-EAST-1. Il messaggio? “Continuiamo a lavorare verso la soluzione completa.” Tradotto: non fate i troppo pretenziosi, abbiamo bisogno di tempo per finire il nostro capolavoro di recupero.

Il disastro coordinato delle piattaforme famose

Ora, se credevate fosse una di quelle “interruzioni minori” da “nessun impatto rilevante”, be’, perché non controllate direttamente la lista dei siti colpiti? Si va da Amazon, passando per Disney+, Lyft, l’app di McDonald’s, il New York Times, Reddit, Ring, Robinhood, Snapchat, T-Mobile, United Airlines, Venmo e Verizon. Un piccolo dettaglio: le pepite della connettività globale non sono gli unici supermarket dell’incapacità, anche i siti governativi di Regno Unito come Gov.uk e HM Revenue and Customs si sono divertiti ad andare offline. Ma non preoccupatevi, i portavoce del governo assicurano che “lavorano a stretto contatto con la compagnia”. Traduzione: stanno guardando il disastro da dietro una tazza di tè, aspettando che il tutto si sistemi da solo.

Nel frattempo, il Lloyds Banking Group fa sapere ai clienti di armarsi di tanta pazienza, mentre diverse compagnie aeree come United e Delta si vedono sommerse da utenti esasperati che non riescono neppure a consultare le proprie prenotazioni o fare check-in. Quindi, se prenotate un volo, ricordatevi che il vero jet set del 2025 vola sulle nuvole… di dati spariti.

Se pensate che le disavventure si fermino qui, vi sbagliate di grosso. Il mondo del gaming online, da Roblox a Fortnite, si è ritrovato temporaneamente a fare la figura della lattina senza birra, mentre gli appassionati di criptovalute sul Coinbase non potevano accedere ai propri conti. Eh sì, la moneta digitale che poggia su un’infrastruttura terrena anch’essa fragile.

E non finisce mica: Canva, la piattaforma di design grafico, ammette candidamente di avere “tassi di errore significativamente aumentati” per colpa di un “problema grave con il nostro fornitore cloud”. Senza un accenno di vergogna, il servizio di intelligenza artificiale Perplexity ha chiarito che il “colpevole” è l’ennesimo malfunzionamento di AWS. Il CEO Aravind Srinivas, con una solennità degna di un sacerdote, ha postato che stanno lavorando per risolvere il pasticcio.

Non è il primo episodio e non sarà l’ultimo

Naturalmente, non si tratta di un triste incidente isolato nel mare magnum del digitale. Solo pochi mesi fa, a luglio 2024, una banale (ma micidiale) aggiornamento software di Crowdstrike, un’azienda di cybersecurity, aveva già messo a nudo tutta la fragilità delle reti globali. Windows di Microsoft era andato in tilt, provocando danni per milioni di dollari e cancellando voli come se fossero sogni infranti, con ospedali e banche incapaci di far girare le loro routine quotidiane.

Insomma, se siete appassionati dell’eterno momento “tutto va alla grande finché non va tutto in pezzi”, AWS e i suoi compagni di avventure vi stanno servendo il meglio del peggio. Nel frattempo, fatevi una risata amara: il futuro del cloud computing è questa delicatezza che si sbriciola come un castello di sabbia davanti a una leggera brezza. Benvenuti nel magico mondo dove “operational issue” è la nuova parola d’ordine per il caos digitale.

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