Europei felicissimi: guadagni da capogiro ma le tasse? Solo una miseria da 18 milioni

Europei felicissimi: guadagni da capogiro ma le tasse? Solo una miseria da 18 milioni

Sembra un miracolo economico: con appena otto dipendenti, la piattaforma di e-commerce Temu, controllata dalla cinese PDD Holdings, ha fatto raddoppiare i suoi profitti in Europa, raggiungendo quasi 120 milioni di dollari nel 2024. Un aumento del 171% rispetto ai 44,1 milioni dell’anno precedente. L’ingrediente segreto? Prezzi bassissimi, una selezione di prodotti infinita e una pubblicità online tanto invadente quanto efficace. Oh, e non dimentichiamoci la ciliegina sulla torta: l’Unione europea che, con le sue esenzioni fiscali per la spedizione di pacchi a basso costo, ha praticamente fatto lo sconto a questa macchina da soldi.

Con oltre 115 milioni di clienti in Europa, ma solo 18 milioni di dollari versati in tasse sulle società – inclusi 3 milioni relativi a una tassa integrativa introdotta dalla Ue nel 2023 – Temu sembra aver trovato la quadratura del cerchio. Tutto merito (o colpa) della regola europea che esenta da Iva e dazi doganali qualsiasi pacco di valore inferiore ai 150 euro. Tradotto: migliaia di piccoli pacchetti, con un valore così contenuto da far ridere l’erario, ma che complessivamente fanno girare un enorme volume d’affari.

Nel solo 2024, nell’Unione europea sono stati spediti circa 4 miliardi di questi pacchi di basso prezzo, quasi il triplo rispetto al 2022. E più del 91% arriva direttamente dalla Cina, da dove Temu e Shein riforniscono le loro operazioni. Non sorprende quindi che l’Ue stia pensando a una stretta fiscale per arginare questa valanga di mercanzia a basso costo proveniente dall’Asia. Nonostante i rinvii di decisione durante l’estate, a partire dal 2028 potrebbero arrivare dazi anche su questa categoria di prodotti. Nel frattempo, la revisione delle regole è un tormentone non solo europeo: negli Stati Uniti sono state appena abolite le esenzioni fiscali per le importazioni inferiori agli 800 dollari, e anche il Regno Unito sta considerando manovre simili.

Paul Monaghan, amministratore delegato della Fair Tax Foundation, ha sintetizzato la situazione senza giri di parole:

“Bisogna chiedersi perché Temu abbia un impatto economico e fiscale così inconsistente nel Regno Unito e in tutta Europa, nonostante vendite che fanno girare la testa.”

Un commento che non lascia scampo e che aggiunge un suggerimento che sembra piuttosto ovvio, ma che evidentemente qualcuno finora ha ignorato:

“Una buona mossa per i politici sarebbe mantenere una posizione inflessibile sull’imposta minima globale e sull’imposta digitale, rivedere le esenzioni doganali e richiedere alle multinazionali una trasparenza senza precedenti sulle tasse pagate paese per paese.”

E mentre l’Europa si scervella su come difendersi da questa invasione di pacchi miniaturizzati e da un sistema fiscale che più elastico non si può, la realtà resta una: con regole che sembrano disegnate per favorire i colossi asiatici, i profitti di Temu crescono a dismisura, mentre le casse pubbliche si leccano le ferite. Ma nessun problema, giusto? Tanto c’è tempo fino al 2028 per fare qualcosa… o almeno così dicono.

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