Industria della difesa europea, eurodeputati e Consiglio trovano l’ennesimo compromesso lampo con troppo rumore e poca sostanza

Industria della difesa europea, eurodeputati e Consiglio trovano l’ennesimo compromesso lampo con troppo rumore e poca sostanza

Come se non bastasse, la perfetta ciliegina sulla torta arriva da un richiamo all’urgenza prodotto dal conflitto in Ucraina: la guerra ibrida di Mosca serve a ricordarci quanto sia impensabile “esitare ancora.” La soluzione definitiva – a detta degli oratori – è un EDIP che costruisca un’Europa resiliente e sovrana con investimenti comuni e una buona dose di retorica traboccante di unità.

Non poteva mancare il co-rapporteur del Comitato Industria, Ricerca ed Energia, François-Xavier Bellamy, della fronda francese, che ha pontificato:

“Questo accordo rappresenta un notevole balzo in avanti per la sicurezza del continente europeo e lo sviluppo della nostra industria della difesa. Dopo decenni di pericolose dipendenze che minacciavano la sovranità delle nostre democrazie e la protezione dei nostri paesi, il programma EDIP invertirà la logica delle importazioni che ha prevalso in Europa. Supporterà concretamente il rafforzamento della nostra base industriale e garantirà in modo autonomo che le nostre forze armate abbiano i mezzi per adempiere alla loro missione.”

Come se non bastasse, la perfetta ciliegina sulla torta arriva da un richiamo all’urgenza prodotto dal conflitto in Ucraina: la guerra ibrida di Mosca serve a ricordarci quanto sia impensabile “esitare ancora.” La soluzione definitiva – a detta degli oratori – è un EDIP che costruisca un’Europa resiliente e sovrana con investimenti comuni e una buona dose di retorica traboccante di unità.

Bene, un altro brillante momento di burocratizzazione europea: il Parlamento ha deciso di avallare un regolamento che riguarda il programma industriale per la difesa europea, noto come EDIP. Per rendere le cose ancor più entusiasmanti, il budget previsto ammonta a un gigantesco miliardo e mezzo di euro, giusto per assicurarsi che tutto vada a finire in qualche maniera “structurale” e “di lungo termine”. Per chi non ha ancora capito, stiamo parlando di creare una formidabile macchina bellica industriale con ditte multinazionali, medie imprese e ben oltre 2.000 piccole e medie aziende, tutte pronte a produrre armi con un giro d’affari che si aggira sui 70 miliardi di euro annuali. Certo, proprio un gioco da ragazzi garantire così tanta coesione industriale e politica…

Raphaël Glucksmann, co-relatore per la Commissione Sicurezza e Difesa, ha espresso la sua solita eloquenza stimolante:

“L’accordo odierno segna un vero progresso — un passo concreto verso una maggiore autonomia, capacità rafforzate e la protezione delle nostre democrazie.”

Ovviamente, non manca il richiamo all’integrazione completa tra le industrie ucraine ed europee, che aggiunge quel tocco di geopolitica da manuale per farci sentire tutti coinvolti in un piano epico di difesa comune. Sicuramente niente può andare storto con il matrimonio tra mercati strategici e industria bellica.

Il Futuro Luminoso del Settore

Come ogni buona riforma europea che si rispetti, ora l’accordo dovrà passare per un affascinante percorso di benedizione parlamentare e consiliare, roba che potremmo definire la “Via Crucis della burocrazia”. La data imposta per il voto congiunto delle Commissioni ITRE e SEDE è il 20 ottobre, dunque tenetevi pronti per assistere allo show.

Questa proposta, presentata dalla Commissione il 5 marzo 2024, vuole essere il collante tra le misure emergenziali (come l’Atto a Supporto della Produzione di Munizioni e quello per il Rafforzamento della Difesa Europea attraverso i Acquisti Comuni) e tutto un approccio strutturale che dovrebbe, in teoria, garantire la prontezza industriale in difesa.

In parole povere: stiamo parlando di creare il grande spartito che orchestra la produzione di armi e tecnologie militari europee, in modo da non dover più dipendere da qualcuno che magari ha gusti diversi dai nostri in materia di guerre e pace.

Un passo avanti verso l’autonomia strategica dell’Europa? Beh, lo speriamo, anche se con queste premesse l’impressione è che si finirà solo con qualche altro giro di danaro pubblico che seguirà il ritmo incalzante del solito politichese europeo.

Durante i negoziati, i membri del Parlamento Europeo si sono miracolosamente ricordati che bisognava aumentare il budget, strappando un incremento che include pure chicche come nuove entrate da contributi extra – roba tecnica chiamata lo “strumento SAFE”. E ovviamente, per farci felici, il programma prevede che gli stati membri possano sfruttare al massimo il Recovery and Resilience Facility (RRF), cioè quei fondi che a volte rimangono sprecati, dirottandoli verso i progetti EDIP. Il pacchetto complessivo è da capogiro: 1,5 miliardi di euro, di cui ben 300 milioni destinati all’altrettanto gloriosa “strumento di supporto all’Ucraina”. Cosa poi sia davvero “supporto” lo scopriremo.

Non basta, si è creato persino un cosiddetto “strumento FAST” per raggiungere almeno 150 milioni extra da chissà quale fonte magica di finanziamenti aggiuntivi. Insomma, soldi e soldi, ma con un certo stile burocratico e tanto entusiasmo per un programma che dovrebbe finalmente dare una spallata al sistema europeo della difesa.

Non poteva mancare la chicca: il “principio compra europeo”. Ah, finalmente un tocco di orgoglio continentale. Questo vuol dire che, per partecipare, le entità devono essere in possesso della cosiddetta “design authority” del prodotto. Ovvero, zero scuse: se non controlli il design, niente fondi! Inoltre, il programma finanzia prodotti difensivi solo se al massimo il 35% del costo dei componenti deriva da dentro l’UE o da paesi coinvolti. Tradotto dal politichese: cerchiamo almeno di tenere il lavoro dentro casa, ma senza esagerare la fortuna.

Un quadro giuridico da favola e progetti europei da almeno 4 stati

Il programma definirà un quadro legale per i cosiddetti “Progetti Europei della Difesa di Interesse Comune” (PEICP). Un titolo così altisonante che riguarda progetti ai quali devono partecipare almeno quattro Stati membri per poter vedere un solo centesimo di finanziamento. E naturalmente, si pensa bene di includere l’Ucraina in tutta questa sinfonia di guerra, perché non bastava già il sostegno diretto con gli altri strumenti.

In più, per facilitare la vendita di armamenti sulla piazza europea, si istituirà un “meccanismo di vendite militari”, cioè un catalogo centralizzato – perché doveva per forza esserci un catalogo per la guerra, no? Questo, da un lato, dovrebbe aumentare la domanda a livello UE e dall’altro favorire un programma volontario di armamenti europeo, che, tra un giro e l’altro, supporterà la cooperazione tra Paesi su tutto il ciclo di vita delle attrezzature difensive. Augen auf, qui si parla di *cooperazione* con un pizzico di paternalismo istituzionale.

Ultimo, ma non meno importante, ci sarà un regime di “sicurezza delle forniture” per garantire – o almeno provarci – l’accesso costante a prodotti essenziali per la difesa, così da non perdere tempo durante le prossime “crisi di approvvigionamento”. Imperativo: mai più scuse negli armadi vuoti.

Sostegno militare all’Ucraina: la ciliegina del pacchetto

La normativa darà vita pure allo “strumento di supporto all’Ucraina” (USI), concepito per modernizzare l’industria della difesa ucraina e facilitare la sua integrazione con quella europea. Una manciata da 300 milioni di euro aiuterà direttamente gli investimenti nella difesa di Kiev, stimolerà partnership tra aziende europee e ucraine, e incrementerà le compravendite di capacità difensive prodotte in Ucraina, compreso l’impiego per la stessa Ucraina. Insomma, soldi europei per alimentare la macchina bellica ucraina, con la dovuta faccia tosta continentale.

Le dichiarazioni dei protagonisti: parlano i soliti eroi

Marie-Agnes Strack-Zimmermann, presidente della Commissione Sicurezza e Difesa e sostenitrice di tale maquillage europeo, ha sentenziato:

“L’accordo sull’European Defence Industry Programme (EDIP) segna un passo fondamentale verso un approccio più efficiente, rapido e autenticamente europeo nell’approvvigionamento della difesa e nel rafforzamento delle capacità difensive europee. EDIP è progettato per avere un impatto duraturo. Può rappresentare un punto di riferimento per iniziative future e aiutare a plasmare la cooperazione europea nella produzione della difesa oltre il 2027.”

Non poteva mancare il co-rapporteur del Comitato Industria, Ricerca ed Energia, François-Xavier Bellamy, della fronda francese, che ha pontificato:

“Questo accordo rappresenta un notevole balzo in avanti per la sicurezza del continente europeo e lo sviluppo della nostra industria della difesa. Dopo decenni di pericolose dipendenze che minacciavano la sovranità delle nostre democrazie e la protezione dei nostri paesi, il programma EDIP invertirà la logica delle importazioni che ha prevalso in Europa. Supporterà concretamente il rafforzamento della nostra base industriale e garantirà in modo autonomo che le nostre forze armate abbiano i mezzi per adempiere alla loro missione.”

Come se non bastasse, la perfetta ciliegina sulla torta arriva da un richiamo all’urgenza prodotto dal conflitto in Ucraina: la guerra ibrida di Mosca serve a ricordarci quanto sia impensabile “esitare ancora.” La soluzione definitiva – a detta degli oratori – è un EDIP che costruisca un’Europa resiliente e sovrana con investimenti comuni e una buona dose di retorica traboccante di unità.

Bene, un altro brillante momento di burocratizzazione europea: il Parlamento ha deciso di avallare un regolamento che riguarda il programma industriale per la difesa europea, noto come EDIP. Per rendere le cose ancor più entusiasmanti, il budget previsto ammonta a un gigantesco miliardo e mezzo di euro, giusto per assicurarsi che tutto vada a finire in qualche maniera “structurale” e “di lungo termine”. Per chi non ha ancora capito, stiamo parlando di creare una formidabile macchina bellica industriale con ditte multinazionali, medie imprese e ben oltre 2.000 piccole e medie aziende, tutte pronte a produrre armi con un giro d’affari che si aggira sui 70 miliardi di euro annuali. Certo, proprio un gioco da ragazzi garantire così tanta coesione industriale e politica…

Raphaël Glucksmann, co-relatore per la Commissione Sicurezza e Difesa, ha espresso la sua solita eloquenza stimolante:

“L’accordo odierno segna un vero progresso — un passo concreto verso una maggiore autonomia, capacità rafforzate e la protezione delle nostre democrazie.”

Ovviamente, non manca il richiamo all’integrazione completa tra le industrie ucraine ed europee, che aggiunge quel tocco di geopolitica da manuale per farci sentire tutti coinvolti in un piano epico di difesa comune. Sicuramente niente può andare storto con il matrimonio tra mercati strategici e industria bellica.

Il Futuro Luminoso del Settore

Come ogni buona riforma europea che si rispetti, ora l’accordo dovrà passare per un affascinante percorso di benedizione parlamentare e consiliare, roba che potremmo definire la “Via Crucis della burocrazia”. La data imposta per il voto congiunto delle Commissioni ITRE e SEDE è il 20 ottobre, dunque tenetevi pronti per assistere allo show.

Questa proposta, presentata dalla Commissione il 5 marzo 2024, vuole essere il collante tra le misure emergenziali (come l’Atto a Supporto della Produzione di Munizioni e quello per il Rafforzamento della Difesa Europea attraverso i Acquisti Comuni) e tutto un approccio strutturale che dovrebbe, in teoria, garantire la prontezza industriale in difesa.

In parole povere: stiamo parlando di creare il grande spartito che orchestra la produzione di armi e tecnologie militari europee, in modo da non dover più dipendere da qualcuno che magari ha gusti diversi dai nostri in materia di guerre e pace.

Un passo avanti verso l’autonomia strategica dell’Europa? Beh, lo speriamo, anche se con queste premesse l’impressione è che si finirà solo con qualche altro giro di danaro pubblico che seguirà il ritmo incalzante del solito politichese europeo.

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