Solo 26 giorni come primo ministro, poi un’uscita di scena degna di una soap opera politica: Sébastien Lecornu si è dimesso lunedì scorso, ma indovinate un po’? Appena quattro giorni dopo, Emmanuel Macron lo ha richiamato come se nulla fosse successo. Un fulmine a ciel sereno, o forse solo un déjà-vu in salsa francese, che ha scatenato una settimana di drammi degni di un romanzo d’appendice e un tumulto politico che rischia di far impallidire anche le peggiori telenovele.
Il presidente ha annunciato il “miracolo” venerdì sera, subito dopo aver ricevuto al Palazzo dell’Eliseo tutti i leader principali tranne quelli dell’estrema destra e sinistra, come se fossero l’unica fastidiosa zanzara a non meritare invito. Che Lecornu tornasse era l’ultima cosa che ci si aspettava, visto che solo due giorni prima, in TV nazionale, aveva dichiarato di non “correre dietro alla poltrona” e che la sua “missione era finita”. Ma si sa, tra politica e teatro la differenza è sottile…
Non è nemmeno sicuro che riuscirà a formare un governo, ma la scadenza per presentare il bilancio 2025 al parlamento scade lunedì. Il presidente gli ha affidato il compito, dicendo che ha la “carta bianca” per agire come vuole, una licenza che suona più come un test di sopravvivenza in un’arena piena di squali affamati.
Lecornu, 39 anni e fedele scudiero di Macron, ha subito pubblicato una lunga dichiarazione su X, accettando “per dovere la missione affidatami dal presidente, di fare tutto il possibile per fornire alla Francia un bilancio entro fine anno e rispondere ai problemi quotidiani dei nostri concittadini”. Eh sì, perché nulla dice “vivere il dramma politico” come salvare la patria… in 48 ore.
Giusto qualche giorno fa si definiva “soldato-monaco”, pronto alla meditazione più ascetica che politica, ma venerdì ha assicurato che farà di tutto per portare a termine questa impresa titanica: formare governo e far approvare un bilancio che eviti il collasso economico. Una missione che pare più un film d’avventura con ogni giorno una sorpresa (o un casino) nuovo.
Il cuore del problema? La tensione tra opposti fronti politici su come ridurre il debito pubblico francese (che è al 114% del PIL, terzo posto nel Parlamento dei falliti dell’eurozona) e tagliare il deficit che quest’anno si prevede al 5,4%. Ah, la gioia di un bilancio che sembra la lista della spesa di un condominio in bancarotta.
Condizioni da “missione impossibile”
Tra le clausole di questo remake di “chi vuol essere milionario… o meglio primo ministro”, Lecornu ha ribadito che “nessuno potrà tirarsi indietro” di fronte alla necessità di sistemare i conti pubblici. Ovviamente, ha anche avvertito che chi accetta il ruolo deve mettere in pausa ogni aspirazione presidenziale. Tranquilli: meglio non ‘contaminare’ con troppe ambizioni questo tiro alla fune politico.
Come se non bastasse, dovrà cavarsela senza una maggioranza parlamentare, perché la sua coalizione è più fragile di un soufflé in pieno terremoto. La popolarità di Macron ha toccato un miserabile 14%, un record assoluto di disamoramento anche da chi, fino a ieri, lo scambiava per una promessa di futuro.
Il capo del Rassemblement National, Jordan Bardella, che ovviamente non era invitato al banchetto dell’Eliseo (come volevasi dimostrare), ha bollato quello di Lecornu come uno “scherzo pessimo”, da parte di un presidente “più isolato che mai e fuori dal mondo”. Apriti cielo: il leader dell’estrema destra ha persino promesso un voto di sfiducia immediato contro quella che definisce la “coalizione destinata al fallimento”, motivata solo dalla paura di tornare alle urne. Peccato che il Rassemblement Nacional stia ringhiando talmente forte nei sondaggi da sembrare il vero padrone dello show.
Già nelle sabbie mobili
Almeno, Lecornu conosce bene le insidie che lo aspettano, avendo passato un paio di giorni a trattare con potenziali alleati politici. Era stato nominato primo ministro il 9 settembre e ha impiegato tre settimane a cercare una squadra, ma tutto è naufragato in un batter d’occhio quando il leader dei Républicains, Bruno Retailleau, ha deciso di buttare nel pattume una nomina ministeriale. Roba da antologia, davvero.
I partiti centristi, da soli, non bastano a formare un governo, e dentro i conservatori il dissenso è palpabile. Retailleau, che non ha nascosto il suo sogno di candidature presidenziali, ha dichiarato che il “socle commun” tra centristi e conservatori è morto e sepolto. Naturalmente, non tutti i suoi colleghi sono d’accordo, ma il dado è tratto. Il risultato? Il nostro premier centrista si trova a cercare alleati in un campo minato politico dove ogni passo falso può costargli la carriera.
Insomma, il nostro eroe dell’Eliseo si è rimesso in gioco in un clima da alta tensione, senza maggioranza, con un bilancio da far quadrare tra mille impedimenti, mentre il pubblico in sala (i cittadini francesi) prova a non ridere o, più realistico, a non piangere. Nel frattempo, la politica francese continua a dimostrare che la stabilità è un’illusione in vendita solo per 26 giorni buoni.
Che splendida pantomima quella della politica francese! Emmanuel Macron, il presidente che negli ultimi anni ha fatto della riforma delle pensioni una bandiera feroce, ora si vede costretto a supplicare i partiti di sinistra per un po’ di supporto. E come potrebbe non farlo, dato che ha appena alzato l’età pensionabile da 62 a 64 anni, mettendo in subbuglio tutto l’arco politico e sociale?
Nel disperato tentativo di corteggiare la sinistra, il suo staff ha addirittura fatto trapelare che il presidente considera l’idea di rimandare parte di quella contestatissima riforma pensionistica approvata nel 2023. Questa sospensiva piace ai verdi e agli altri gruppi a sinistra, ma naturalmente rischia di far infuriare i suoi alleati centristi, quelli che hanno combattuto strenuamente per far passare la riforma stessa. Un autentico capolavoro di equilibrio politico, insomma.
La signora Marine Tondelier, leader dei Verdi, ha commentato senza mezzi termini: “Non vedo motivo per non proporre una mozione di sfiducia contro un governo guidato da Lecornu”. E povero Lecornu, che si ritrova così a dover navigare in queste acque torbide, rischiando di annoverarsi tra i primi premier vittime della tanto decantata “stabilità” macroniana.
L’alleanza fragile di Macron con il centro rischia di saltare per aria nel tentativo di strappare anche solo un briciolo di sostegno a sinistra. Ma, sorpresa, sorpresa, la sinistra non è affatto disposta a cedere facilmente, visto che sperava in un primo ministro preso dal proprio schieramento e non dal campo centrista del presidente.
Il pluridecorato Olivier Faure dei Socialisti ha tagliato corto con un sonoro “dato che non ci hanno garantito niente, noi nessuna garanzia la daremo per il voto di fiducia”. Più diplomatico, ma non troppo, è stato il comunista Fabien Roussel che, dopo aver incontrato il presidente, ha dichiarato che la sinistra vuole “un vero cambiamento” e un governo con un primo ministro allineato con il popolo e non certo la solita minestra riscaldata.
Con la classe che lo contraddistingue, Marine Tondelier ha definito tale offerta di Macron come “un’offesa” e ha previsto che “questa situazione finirà malissimo”. Curioso che la leader ambientalista veda nel dialogo una minaccia piuttosto che un’opportunità, ma bisogna ammettere che la situazione è davvero a dir poco grottesca.
Un Governo sotto pressione e un’economia sull’orlo del collasso
Mentre Macron e il suo neo-rieletto primo ministro si gloriano del loro obiettivo di tagliare decine di miliardi dal deficit pubblico, la realtà è ben più prosaica. Il capo della Banca Centrale Francese, François Villeroy de Galhau, avverte che questa crisi politica allunga terribilmente la crisi economica. Tra chiacchiere, rinvii e giochi di potere, la Francia si ritrova a dover rinunciare a una crescita già modesta, stimata allo 0,7% per quest’anno.
Il signor Villeroy de Galhau, che non è certo tipo da romanticismi, ha spiegato: “Come molti in Francia, ho ormai le scatole piene di questo caos politico. È il momento di fare compromessi — non è una brutta parola — perfino quella di formare coalizioni”. Ma chissà se Adriano, alias presidente Macron, sarà d’accordo ad abbandonare il suo sogno monodirezionale per entrare in uno di quegli arcobaleni governativi tanto temuti.
E se il povero Lecornu fallirà nel formare il nuovo governo, prepariamoci a una nuova stagione di instabilità politica. Ovvero, più confusione, più tempi morti e, naturalmente, più danni per l’impoverita economia francese. La vendetta del caos, insomma, ha appena iniziato il suo spettacolo.



