Casa automobilistica lancia l’ennesimo allarme profitti colpa della giostra dei dazi che non si ferma mai

Casa automobilistica lancia l’ennesimo allarme profitti colpa della giostra dei dazi che non si ferma mai

Aston Martin, quel piccolo gioiello britannico famoso sia per le avventure di James Bond che per i suoi continui alti e bassi finanziari, ha deciso di regalarci l’ennesima puntata del suo dramma aziendale. Lunedì mattina il titolo ha subito un crollo del 10% dopo un nuovo “entusiasmante” warning sugli utili. La colpa? Un settore iper sfidante, con tutte quelle tariffe e incertezze che rendono la vita davvero troppo semplice ai poveri manager del lusso su quattro ruote.

La casa inglese ha annunciato che il volume totale delle vendite all’ingrosso per il 2025 si abbasserà di un elegante “percentuale a una cifra da media ad alta” rispetto alle 6.030 unità vendute lo scorso anno. Tradotto: meno auto gettate sul mercato e più grattacapi per i conti.

Ah, e dimenticatevi di quel bel sogno chiamato “flusso di cassa positivo” nel secondo semestre. Aston Martin lo ha già messo nel cassetto e ha avviato una revisione immediata di costi e investimenti. Niente panico, però: gli analisti prevedevano già una perdita operativa di ben 110 milioni di sterline (147,8 milioni di dollari), quindi siamo in linea con le aspettative.

Il comunicato stampa aziendale è un capolavoro di sobrietà e realismo: “L’ambiente macroeconomico globale che affligge l’industria resta una sfida.” Per chi avesse ancora dubbi, specificano: tariffe americane discutibili, cambiamenti fiscali per le auto ultra-lusso in Cina e, ovviamente, la solita favola della catena di fornitori che minaccia di incepparsi da un momento all’altro.

Nel momento clou della giornata, le azioni Aston Martin erano già scese di circa il 7% a Londra, praticamente un pronti-via verso un anno che registra un bel -29% dall’inizio del 2024. Che gioia per gli investitori.

La meraviglia delle tariffe e la politica internazionale

Per aggiungere un po’ di pepe alla situazione, c’è Donald Trump, che con il suo tocco magico sulle tariffe ha rivoluzionato l’economia globale nel 2024. Proibire o tassare merci in arrivo da tutto il mondo è stata una trovata geniale per mettere a dura prova ogni settore, automobilistico compreso, ovviamente.

Parliamo di un comparto strettamente connesso a catene di montaggio globali, con dipendenza totale dalla produzione in Nord America. Il recente accordo commerciale tra USA e Regno Unito promette una tariffa contenuta al 10% – ma solo per 100.000 auto britanniche all’anno. Un numero così psicologico che per Aston Martin rappresenta una specie di ghettizzazione economica.

La compagnia britannica, infatti, ha spiegato che questo meccanismo di quote aggiunge appena “un ulteriore strato di complessità” e limita incredibilmente la capacità di prevedere i propri numeri di fine anno. Da brividi.

Con gran stile, Aston Martin ha ammesso di essere ancora in contatto con la Casa Bianca e il governo britannico per cercare una chiarezza che, dimentichiamoci, mai e poi mai sarà fine a se stessa. Nel frattempo, ha suggerito – anzi, ha implorato – un “supporto più proattivo” dai politici del Regno Unito, ricordando il dolce ruolo dell’industria automobilistica come erogatrice di migliaia di posti di lavoro e motore per le economie locali. Sarà mica un appello disperato? Forse.

Un portavoce del governo britannico ha risposto con la classica pacatezza diplomatica, sostenendo che il settore automobilistico è stato “una scelta prioritaria” nell’accordo commerciale con gli Stati Uniti. Ovviamente, ci tengono a precisare, il Regno Unito rimane l’unico paese con una tariffa così bassa, “proteggendo migliaia di posti di lavoro”. Fantastico.

Inoltre, garantiscono che stanno lavorando con le aziende affinché possano sfruttare la quota in modo “efficace e giusto”, mentre continuano a sbandierare il loro “Piano per il Cambiamento” per rendere il Regno Unito una vera mecca dell’industria automobilistica europea. Nel frattempo, però, ponti d’oro per gli investimenti europei si trasformano sempre più in ponti di carta velina.

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