Fmi e Bank of England si uniscono al coro di chi grida al bubbone dell’IA ormai inevitabile

Fmi e Bank of England si uniscono al coro di chi grida al bubbone dell’IA ormai inevitabile

Kristalina Georgieva, direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha scelto un approccio brillante e rassicurante durante un discorso al Milken Institute di Washington, anticipando le riunioni annuali del FMI e della Banca Mondiale. Con un tempismo tutt’altro che casuale, ha lanciato un monito agghiacciante: il mercato globale azionario è su una china pericolosa, soprattutto se l’entusiasmo degli investitori per l’intelligenza artificiale dovesse fare una brusca inversione.

In un tripudio di ottimismo calcolato, la signora Georgieva ha espresso un prezioso consiglio agli investitori: “Allacciate le cinture: l’incertezza è la nuova normalità e non se ne andrà presto.” Parole dolci, no? Nel frattempo, ci viene assicurato che l’economia mondiale rallenterà “solo leggermente” quest’anno e il prossimo, ma già si scorgono “segnali preoccupanti” che potrebbero far crollare la pazienza della resilienza globale pronto a essere messa a dura prova.

Come prova tangibile di questa “ansia da mercato”, la domanda globale d’oro impazzisce e il prezzo del metallo giallo vola oltre i 4.000 dollari l’oncia, un record strabiliante che nessuno si aspettava, vero? Il capo FMI non si limita ad allarmarci con l’oro, ma aggiunge il tocco finale citando l’effetto devastante dei dazi statunitensi e le valutazioni stellari delle azioni, in un’epoca di euforia alimentata proprio dalla nostra tanto amata intelligenza artificiale.

Georgieva spiega con la calma di una maestra di scuola: le condizioni finanziarie risulterebbero “facili”, quasi come se stessimo camminando su un tappeto morbido che però nasconde delle trappole. Queste condizioni nascondono, senza risolverli, alcuni segnali di indebolimento, come la creazione di posti di lavoro non proprio sfavillante. Secondo la storia, questo clima di fiducia è come un gioco d’azzardo travestito: può sparire in un baleno.

Immediatamente dopo l’allarme lanciato dal FMI, ecco puntuale la Banca d’Inghilterra che non vuole certo farsi trovare impreparata, e afferma senza mezzi termini che il rischio di una “correzione brusca del mercato” si è fatto più concreto, specie per le aziende tecnologiche ossessionate dall’intelligenza artificiale.

Il verbale dell’ultima riunione della Banca rende pubblici i dubbi più ammiccanti: “Fattori negativi includono progressi deludenti sull’adozione e capacità dell’AI o aumentata concorrenza, circostanze che potrebbero far rivedere al ribasso le altrimenti mirabolanti aspettative di utili futuri.” Traduzione: se l’AI sbanda, questo castello di carte farà la fine che tutti temiamo. Chi avrebbe mai detto che anche i banchieri centrali potessero agitarsi tanto?

Così FMI e Banca d’Inghilterra si uniscono, in un coro di avvertimenti, a giganti finanziari del calibro di Sam Altman di OpenAI, Jamie Dimon di JPMorgan e Jerome Powell della Fed, tutti allarmati dal vertiginoso aumento della spesa in intelligenza artificiale che rischia di trasformare la bolla in una notte da incubo per gli investitori.

Investimenti colossali e bolle in arrivo

Joost van Leenders, stratega senior di investimento del manager olandese Van Lanschot Kempen, ha gettato acqua sul fuoco di queste coincidenze tempestive tra le dichiarazioni del FMI e della BOE, affermando che sono probabilmente due coincidenze ma che bene si inseriscono nello schema più ampio del mercato azionario e dei colossali investimenti nell’AI.

Van Leenders ha detto a CNBC che negli ultimi mesi l’ambiente è diventato piuttosto chiaro, con commenti che vanno da una crescente diffidenza a riguardo della redditività di queste spericolate follie di investimento AI. A proposito di una correzione imminente del mercato, risponde con un elegante “non si può dire”, mostrando la tipica insicurezza di chi ha appena previsto tempesta e sereno nello stesso momento.

Quando il nostro olandese di fiducia si mette a discutere voli pindarici di quotazioni, dice che le azioni delle grandi aziende tecnologiche USA non sono proprio esagerate, almeno se considerate con il loro “forward P/E”, un sofisticatissimo indicatore che confronta il prezzo attuale delle azioni con gli utili attesi nel prossimo anno. Insomma, la cosa è complicata, ma fidatevi: non è da buttare via.

Naturalmente, il fatto che queste aziende si finanzino a vicenda e si comprino le azioni come in una festa di scambio di figurine è un segnale evidentemente… di una bolla, chiaro come il sole. Van Leenders azzarda a collocarci a metà percorso di cinque fasi di formazione di bolle, esattamente in una dignitosa terza tappa. Finché c’è domanda di AI – e i soldi e i sogni continuano a circolare tra aziende e privati distratti – il treno può anche andare avanti, ma fino a quando? Questo resta il grande interrogativo.

Siamo SEMPRE qui ad ascoltarvi.

Vuoi segnalarci qualcosa? CONTATTACI.

Aspettiamo i vostri commenti sul GRUPPO DI TELEGRAM!