Lia Sava, Procuratore generale di Palermo, ha deciso di smettere di mandare messaggi criptici nei salotti buoni della città e di lanciare un grido di allarme che suona come una sveglia per chi ancora crede che la mafia sia un racconto da bar. “Si diceva che la mafia era un’invenzione, oggi sento dire addirittura che la mafia non esiste più, che è sconfitta”, ha dichiarato con la dolcezza di chi sta per rovinare la festa. Che dire? Forse qualcuno ha dimenticato le vittime illustri come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, e tutte le altre anime perse nella guerra contro Cosa nostra. Una favoletta che sarebbe meglio smettere di raccontare: la mafia è viva, vegeta e non ha affatto intenzione di appendere il passamontagna al chiodo.
Non è un sermone isolato, questo monito arriva direttamente dal convegno tenutosi sull’isola dell’Asinara, organizzato dall’Associazione Nazionale Magistrati della Sardegna. Quaranta anni dopo che i giudici Falcone e Borsellino misero nero su bianco l’ordinanza sentenza del Maxiprocesso a Cosa nostra, la magistratura si è riunita con i suoi protagonisti e sopravvissuti di quelle stragi, come il pm Diego Cavaliero e il poliziotto Rino GermanĂ , miracolosamente scampato all’attentato del ’92, insieme a Giovanni Paparcuri e Giuseppe Costanza. Insomma, uno spettacolo tutto fuorchĂ© per cuori deboli.
Tra i più illustri della magistratura sarda e palermitana non potevano certo mancare nomi come Andrea Vacca, il deus ex machina dietro l’evento, affiancato dal segretario generale Rocco Maruotti, il membro della Giunta Giuseppe Tango e il presidente della commissione Legalità Gaspare Sturzo. Tra gli ospiti di riguardo spiccavano il procuratore generale di Cagliari, Luigi Patronaggio, il procuratore Rodolfo Sabelli, i procuratori Fernando Asaro di Marsala e Antonio Balsamo della Corte di Cassazione, e persino la presidente del Tribunale di Trapani, Alessandra Camassa. E voci autorevoli come quella del magistrato Pietro Grasso non sono certamente state assenti. Non mancano nemmeno messaggi video da parte di alcuni big di vertice: il procuratore generale della Cassazione, il procuratore nazionale Antimafia e il Procuratore di Palermo si sono messi all’unisono a ricordare che la mafia non è un dinosauro estinto.
Nell’intervento clou Lia Sava ha avuto la sfrontatezza di ricordare che, sebbene “abbiamo sconfitto i corleonesi”, Cosa nostra non si è certo arresa e ha scelto la tattica della sommersione. Eh già , non più bombe in faccia, ma affari sporchi miliardari nascosti nella nebulosa tra “economia legale” e “economia illegale”. Una tanto elegante quanto nauseabonda commistione, dove si produce denaro investendo i guadagni dello spaccio di droga, un’operazione in cui distinguere il bene dal male diventa ormai missione impossibile.
Lia Sava rincara la dose:
“Invece di raccontarci che la mafia è sconfitta – e lo sento ripetere da troppe voci definite autorevoli – rischiamo di distrarci mentre queste organizzazioni criminali, mafiose nel più autentico senso del termine, portano avanti affari tra di loro, approfittando proprio della nostra miopia.”
E infine il colpo finale: questa pericolosa cecità non è solo dei cittadini ignari o di qualche distratto cronista, ma proviene da “voci autorevoli”. Insomma, i proclami di vittoria sulla mafia sono comodi slogan da copertina, ma il vero problema è che sembrano riprodursi proprio tra chi dovrebbe invece tenerla bene sott’occhio. Che sia giunta l’ora di smettere di propagandare illusioni e di iniziare a combattere davvero?
Il messaggio di Lia Sava è chiaro e non lascia spazio a fraintendimenti: la lotta contro Cosa nostra non è una vecchia storia da raccontare ai nipotini, ma una battaglia contemporanea, fatta di denaro sporco e silenziosa infiltrazione internazionale. La mafia non muore, si rinnova, si mimetizza, e finché qualcuno continuerà a credere alle favole, le vittime passeranno dall’essere eroi a semplici numeri sui giornali.



