Botte e insulti in galera: adesso chiamatela pure tortura, se ci riuscite

Botte e insulti in galera: adesso chiamatela pure tortura, se ci riuscite

Si chiama tortura, non un semplice “non riconoscimento” dei diritti umani. Saverio Tommasi, giornalista di una nota testata online, reduce dalla cosiddetta missione della Flotilla, torna in Italia e non risparmia dettagli sulla sua “ospitalità” israeliana. Il nostro eroe era a bordo della barca Karma, scortato via dalle autorità con un codazzo di altri 25 italiani, prima di librarsi verso casa con un volo da Istanbul.

Il racconto di Tommasi sembra uscito da un manuale surreale di diritto internazionale violato alla grande: “Due gommoni carichi di 10-15 militari israeliani, volti coperti come in una nota scena da film d’azione, sono saliti a bordo senza che opponessimo alcuna resistenza. I passaporti? Naturalmente in bella vista, rispetto zero”.

Ma la vera delizia arriva con il viaggio verso il porto di Ashdod e la successiva detenzione: “Non bastavano i bastoni sui muri, ci hanno regalato anche qualche colpo in testa e schiena. Uno dei soldati si divertiva a chiedermi il nome, costringendomi a rispondere con una parola che faceva sbellicare gli altri, evidentemente un modo creativamente sadico per chiamare gli ‘scemi'”.

Ah, non dimentichiamo il tocco umanitario: medicine confiscate come caramelle in una festa. Un signore di 86 anni gli è stata tolta la medicina per l’asma, nonostante le richieste di assistenza medica, mai arrivate. L’acqua era “calda e dal sapore rancido”, il cibo scarso, e telefoni e dispositivi elettronici? Prelevati, ovviamente.

Per rendere tutto più degno di un film grottesco, a Tommasi sono state strappate entrambe le fedi nuziali. Aveva il dovere di litigare nientemeno che con il console e il giudice, perché certe “amenità” non si lasciano passare lisce lisce.

Non poteva mancare la ciliegina sulla torta del sarcasmo: gli attivisti turchi denunciano anche abusi nei confronti di Greta Thunberg. Sembra che la giovane attivista sia stata trascinata a terra per… baciare nientemeno che la bandiera israeliana, con braccia legate e la bandiera strategicamente piazzata come un apriscatole dell’umiliazione. “Una presa in giro bella e buona”, commenta il nostro informatore, aggiungendo che questa scenetta era solo parte del repertorio di violenze verbali e psicologiche inflitte.

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