Sette migranti annegano nel Canale di Sicilia e altri due fanno la fine dopo essere stati salvati: tragedia senza fine o solo l’ennesima statistica?

Sette migranti annegano nel Canale di Sicilia e altri due fanno la fine dopo essere stati salvati: tragedia senza fine o solo l’ennesima statistica?

Nel Mediterraneo si continua a morire come se fosse un morbido piumone su cui saltare: in sole poche ore, ben nove persone hanno perso la vita. A dimostrazione che quando si parla di soccorsi e diritti umani nel mare nostrum, il teatrino della solidarietà sembra uno spettacolo pietoso e sgangherato.

Quarantuno migranti sono stati salvati venerdì dalla Ong Sos Humanity nel Canale di Sicilia, ma qui arriva la chicca: sette di loro sono caduti in mare durante le operazioni di soccorso. Come se il salvataggio fosse una gara ad eliminazione, giusto per aggiungere un brivido di tristezza in più.

Non è finita. Durante la notte, altri due migranti sono morti a bordo della nave Humanity 1. E pensare che la nave stava trasbordando esseri umani salvati da condizioni disperate, dove la parola “salvezza” sembra avere un significato tutto da rivedere.

Gran parte di questi sopravvissuti sono, guarda un po’, rifugiati di guerra provenienti dal Sudan. Invece di ottenere un punto di sbarco vicino e sicuro, le autorità italiane avevano assegnato inizialmente il porto di Bari, che si trova a un comodo mille chilometri di distanza. La Ong ha subito fatto notare l’assurdità – quella cosa che dovrebbe chiamarsi buonsenso – sottolineando che con condizioni meteorologiche pessime e persone con problemi di salute critici a bordo, spedire questi disperati in un porto così lontano è non solo una violazione del diritto marittimo internazionale, ma una scelta profondamente disumana.

Ecco il colmo della tragedia: il gommone soccorso sabato pomeriggio si trovava nella zona di soccorso maltese, non certo un angolo nascosto del Mediterraneo. Era sovraffollato e assolutamente inadatto alla navigazione, con persone a bordo che già navigavano da almeno quattro giorni senza né aiuti né scorte sufficienti. La Humanity 1 li ha intercettati in condizioni meteo da allarme rosso, onde alti fin a tre metri e venti impietosi. Persone in stato quasi comatoso recuperate dal mare, molte senza la forza di stare in piedi, tutti disidratati, con ipotermia e completamente esausti. Nel mezzo di questo spettacolo di miseria umana, una madre e un bambino hanno riportato ustioni gravi causate da quella che potremmo definire una miscela letale di benzina e acqua salata nel gommone.

La serata e la notte sono state un vero e proprio bollettino di guerra. Una persona è stata rianimata dopo il soccorso, ma purtroppo deceduta poco dopo. I tentativi di evacuazione con l’elicottero si sono infranti contro un nemico inesorabile: il maltempo. Poi un altro migrante è collassato a bordo, e nonostante ogni sforzo medico, si è dovuto arrendere al destino. Dopo tre tentativi, la guardia costiera italiana è riuscita finalmente a evacuare cinque persone, tra cui la madre e il bambino, direttamente al largo di Lampedusa. Un gesto che, guardandolo con il giusto cinismo, avrebbe dovuto essere la norma, ma che invece appare come un’impresa eroica e isolata.

E la ciliegina sulla torta? Le autorità italiane hanno negato allo stesso equipaggio della Humanity 1 di far sbarcare i restanti 34 sopravvissuti proprio a Lampedusa, esattamente dove il diritto marittimo internazionale prevede debbano essere accolti. Solo dopo insistenze e forse qualche colpo di tosse, si è preferito cambiare idea, spostando alla fine il porto di sbarco da Bari a Porto Empedocle, in Sicilia, ancora una lunga tratta comunque.

Alla fine, il quadro è chiaro: una tragedia che si ripete, con una gestione istituzionale caotica, un velo pietoso sui diritti umani, e una burocrazia sempre pronta a stupire, ma in negativo, chi si aspetterebbe un minimo di decenza e protocollo. L’Europa e l’Italia in particolare sono diventate un grande teatro dell’assurdo dove vittime inermi vengono letteralmente prese a calci, travolte dalle onde e dall’indifferenza politica mascherata da sicurezza nazionale.

In praticamente tutti i passaggi, un unico filo conduttore: la violazione sistematica di diritti fondamentali, l’inefficienza dell’apparato decisionale e il solito scaricabarile che trasforma il Mediterraneo in un cimitero liquido. E pensare che basterebbe così poco: rispettare le leggi internazionali, avere un minimo di umanità, e forse qualche volto meno rigido tra chi prende le decisioni.

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