Finalmente in Italia si comincia a parlare di applicazione del diritto all’aiuto medico per la morte volontaria, quella benedetta conquista ottenuta sei anni fa con le classiche disobbedienze civili che tanto piacciono agli attivisti. Un diritto che, udite udite, è stato già riconosciuto a 16 persone — mica male, visto che siamo nel Terzo Millennio e certe cose sembrano ancora fantascienza. Eppure, solo due regioni hanno l’ardire di fissare tempi certi per rispondere a chi è costretto a convivere con una sofferenza insopportabile.
Marco Cappato, politico e attivista che non si stanca mai di fare casino, ci ricorda come siamo arrivati a questo punto durante il XXII congresso dell’Associazione Luca Coscioni a Orvieto, dove svolge anche il ruolo di tesoriere. Per il resto, un’occasione perfetta per fare finta di capire quali saranno gli obiettivi futuri e le scintillanti azioni politiche del 2026, come se il futuro fosse già scritto e senza sorprese.
Ovviamente, dopo anni di indifferenza bipartisan – perché sì, tutti sanno ma nessuno vuole sporcarsi le mani – il governo si è improvvisamente svegliato e ha deciso di agire in gran fretta. Peccato che l’azione consista nel correre a braccetto con il Vaticano per partorire una proposta di legge che, in soldoni, ha un unico obiettivo: distruggere quanto faticosamente riconosciuto dalla Corte costituzionale. E come? Facendo sparire chi ha bisogno, escludendo categoricamente chi non è attaccato a qualche macchinario e prendendosi la bella libertà di sostituire le organizzazioni sanitarie regionali con comitati nominati politicamente, perché le decisioni “dal basso” sono troppo mainstream.
Marco Cappato non usa mezze misure nel suo proclama finale: da questo congresso parte la dura resistenza. Non si combatterà soltanto in Parlamento, ma pure nelle aule regionali e, perché no, pure in tribunale. E se qualcuno pensa che basti uno straccio di legge per mettere la pietra sopra a questo diritto, si sbaglia di grosso. Le armi di questa resa dei conti saranno quelle della nonviolenza, dei ricorsi giudiziari e di ogni format di iniziativa popolare possibile, perché ormai è chiaro che lo Stato italiano sta solo guardando dall’altra parte, lasciando che certe persone continuino a soffrire senza una via d’uscita.
E la cosa simpatica è che finora sono 13 gli imputati e indagati, con un gruppo di ben 50 persone “associate a delinquere” coinvolte nell’azione del Soccorso Civile. Un termine, questo, che sembra più una descrizione da film di spionaggio che il progetto di aiuto concreto a chi vorrebbe solo un minimo di dignità nell’addio. Già, perché Cappato e i suoi si stanno preparando a uno scontro ancora più grande, con forme di disobbedienza civile collettiva che promettono scintille per mettere in difficoltà tutto un sistema che continua a vedere il dolore come un mal di pancia da ignorare.



