La ricerca italiana sulla broncopneumopatia cronica ostruttiva, più comunemente nota come Bpco, si fregia con orgoglio di far parlare di sé all’estero. Lo studio tutto tricolore chiamato ‘Choros Orion’ ha avuto l’ardire di dimostrare che una triplice terapia fissa a base di budesonide, glicopirronio e formoterolo fumarato funziona – nientemeno – nella vita vera, non solo nei laboratori scintillanti delle sperimentazioni controllate. Ben 250 pazienti, distribuiti in 23 centri italiani, si sono prestati a questo test sul campo che, come una saga di serie tv medica, è stato svelato al Congresso della European Respiratory Society di Amsterdam. Dopo solo tre mesi di trattamento, la luminosa panacea ha mostrato risultati: meno tosse con espettorato e, sorpresa delle sorprese, una qualità di vita migliore con un calo marcato delle riacutizzazioni.
Per raccogliere questi dati dall’epicentro della ‘vita reale’, sono stati utilizzati i modernissimi ePro, ovvero questionari elettronici di “patient reported outcomes”, un modo elegante per far parlare direttamente i pazienti, senza che un medico impiccioso possa interpretare o manipolare la loro esperienza quotidiana. È come dare loro un megafono digitale per urlare “ehi, sto meglio!” oppure “mannaggia sto ancora male!”.
Un anno di fatica… ma i primi frutti sono dolcissimi
Lo studio Choros Orion non si accontenta di queste prime dolci note: è un viaggio dalla durata di un anno intero (52 settimane), scandito da appuntamenti precisi a 12, 26 e infine alla magica soglia delle 52 settimane di trattamento. L’analisi presentata oggi, però, si ferma al terzo mese, una sorta di assaggio per capire se la ricetta funziona anche nella cucina quotidiana di pazienti normali.
Micaela Romagnoli, la direttrice dell’Unità di Pneumologia dell’ospedale Ca’ Foncello Aulss 2 Marca Trevigiana e prima firmataria dell’incredibile impresa, ci spiega con tono scientifico-ma-non-troppo: “La triplice terapia combinata in dosi fisse non è solo un passo avanti, ma un balzo nel grande sconosciuto territorio della pratica clinica quotidiana. Gli studi randomizzati e controllati erano finora gli unici a sbandierarne efficacia, ma mancava il tocco della vita reale. Questo studio prova a colmare quel vuoto con un’analisi ad interim che ci dice come funziona a breve termine. E per sapere davvero se la magia dura, dobbiamo aspettare la fine dell’anno.”
I pazienti si sono scomodati a compilare due questionari fondamentali: il Cat (Che non è l’animale domestico, ma il “Copd assessment test”) che misura i sintomi, e il Pgi-S (Patient global impression of severity) che valuta la percezione soggettiva, cioè quanto la malattia pesa nella vita di tutti i giorni, insomma, la famosa “qualità della vita”.
La trionfale descrizione narra una riduzione media di 1,3 punti nel Cat, roba da far sorridere qualsiasi pneumologo. Non solo, ma il 52% dei pazienti ha dichiarato un miglioramento tangibile, ovvero più della metà di loro ha praticamente detto “Sì, sto meglio”. E tutto questo senza magia nera, solo grazie a una combinazione farmaceutica ben congegnata.
Dal laboratorio alla vita reale, un salto non da poco
Questi studi di tipo ‘real life’, cioè fatti sul campo e non nei viziati circuiti sperimentali, sono decisamente utili per rompere l’incantesimo scientifico e vedere se qualche trattamento funziona davvero quando i fumatori, gli ex-fumatori e diversi profili clinici entrano in gioco senza filtri.
Insomma, al di là del gergo da congresso internazionale, Choros Orion prova a dare una risposta concreta e non troppo manipolata a una domanda semplice: “Funziona questo cocktail di farmaci nella vita quotidiana dei pazienti con Bpco o è solo un’illusione da laboratorio?”
Una risposta che, per ora, sembra piuttosto convincente. Ma aspettiamo il buon esito dei 12 mesi totali per cantare vittoria e brindare con la scienza, quella vera.
Dati clinici sensazionali dopo soli tre mesi di trattamento: ovviamente come riferito da Romagnoli, perché chi meglio di lui per raccontarci la favola? La percentuale di pazienti che giudicavano la propria condizione come “grave o molto grave” è passata dal 27,9% al 18,7% in appena 12 settimane. Incredibile, vero? Nel frattempo, la voce di chi invece percepisce la malattia come “lieve o addirittura nulla” è miracolosamente salita dal 28,5% al 41,3%. Evidentemente, basta un soffio di terapia per trasformare calamità in passeggiate domenicali.
Non è finita: il tasso annualizzato delle riacutizzazioni è sceso da 1,6 a 0,26. Pensate, così vicino a un’assenza totale di problemi che sembra quasi troppo bello per essere vero! Ovviamente, si tratta di un dato magico per il “controllo ottimale” della malattia. Per chi non lo sapesse – o per chi decide di ignorarlo – le riacutizzazioni sono quelle simpatiche eventi che non solo peggiorano la funzione polmonare ma possono anche portare a complicazioni cardiovascolari, come aritmie e ischemie cardiache, da godersi fino a un anno dopo il loro arrivo trionfale.
Più riacutizzazioni = più ospedalizzazioni e mortalità, ma niente paura, con un trattamento “adeguato e tempestivo” tutto svanisce come per magia. Attendiamo con fiducia il report a 52 settimane, perché sì, una foto a più lungo termine potrebbe essere meno giocosa, ma ovviamente sarà più “completa” e “dettagliata”.
Il grande problema nascosto: la BPCO non diagnosticata
Romagnoli ci ricorda che la BroncoPneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) colpisce circa 391 milioni di persone nel mondo e circa 3,3 milioni nel nostro bel paese. Ecco il colpo di scena: la metà dei pazienti non sa nemmeno di avere la malattia, perché non ha mai ricevuto una diagnosi. Fantastico! Il colpevole? Il buon vecchio fumo di sigaretta, ma naturalmente i fumatori si sono ormai abituati a sintomi come tosse con catarro e respiro corto – noiosi dettagli che semplicemente ignorano perché “tanto tocca a tutti”.
Per chi non fosse pratico, la BPCO si manifesta come una limitazione persistente del flusso d’aria nei polmoni accompagnata da sintomi respiratori cronici. Altro che malattia passeggera! Ma non preoccupatevi che l’OMS la vanta orgogliosamente al terzo posto fra le cause di morte mondiali, giusto per farci sentire bene.
La solita lode alla ricerca italiana e al miracoloso trattamento triplo
Raffaela Fede, direttore medico di AstraZeneca Italia, ci regala il gran finale meravigliandoci con la presentazione dei “primi risultati” dello studio Choros Orion. Da cui emerge, con sorpresa assoluta, che la triplice terapia a base di budesonide, glicopirronio e formoterolo fumarato funziona anche nella pratica clinica di tutti i giorni. Pensavate forse il contrario?
La riduzione annuale delle riacutizzazioni, dice Fede, va da 1,6 a 0,26, confermando così “ulteriormente” l’efficacia del farmaco – che era già stata dimostrata nello studio Ethos. In quello studio, sempre per chi ha perso i dettagli, la terapia tripla ha ridotto del 24% e 13% le riacutizzazioni moderate/gravi rispetto ad altre terapie doppie, più un bel -49% sulla mortalità rispetto a Laba/Lama. Un successo per cui si potrebbe quasi pensare a qualche magia nascosta nei flaconi.
E non è tutto: il farmaco al centro di un programma faraonico vuole espandere il suo impero anche ad altre patologie ostruttive respiratorie, come l’asma non controllato. Ah, le scommesse e i sogni di gloria della ricerca medica!
Naturalmente, la partecipazione al Congresso ERS è un ulteriore conferma del grande impegno, nonché del desiderio di rivoluzionare il “paradigma di cura” per cancellare la BPCO dalla lista delle principali cause di morte. Beh, chissà, forse un giorno saremo tutti più fortunati. Nel frattempo, viviamo di numeri e ottimismo terapeutico, che male non fa.



