L’udienza preliminare è stata sospirata fino a giugno per decidere se mandare a processo 23 simpatici “custodi” degli alberi capitolini. La causa? Caduta di rami e piante a raffica, visto che tra il 2023 e il 2024 la Capitale sembrava una foresta che perdeva pezzi a casaccio. A finire nell’occhio del ciclone non sono solo gli apripista del verde urbano, ovvero funzionari e dirigenti del Campidoglio, ma anche i mitici responsabili delle ditte appaltatrici, con accuse che spaziano dal disastro colposo all’omissione di ogni rudimento di buon senso, inclusa l’accusa più pesante di omicidio colposo.
Il fascicolo, amorevolmente curato dal procuratore aggiunto Giovanni Conzo e dalla pm Clara De Cecilia, conta più di seicento casi di alberi o rami che hanno deciso di fare delle spettacolari cadute. Naturalmente, era tutto ben previsto dagli agronomi e dalla polizia locale che da tempo indicavano alcune piante come traballanti e bisognose di abbattimento. Ma si sa, la calma e la lentezza sono virtù imprescindibili nella gestione del verde pubblico.
Le indagini sono state condotte dagli immancabili carabinieri del gruppo Forestale di Roma, che hanno passato al microscopio ogni singolo albero, catalogandoli come se fossero reperti archeologici, o meglio, potenziali armi letali. Nel mezzo di questa giungla burocratica, si è consumata la tragedia di una povera signora, Teresa Veglianti, che nel novembre 2023 ha perso la vita colpita da un albero in via Donna Olimpia, a Monteverde. Un triste promemoria di cosa può succedere quando il verde urbano viene gestito come un museo di piante addormentate.
Il giorno fatidico è stato fissato per il 17 giugno, quando il gup di Roma dovrà decidere se mandare a processo questi 23 indagati, pronti a spiegare come una foresta disastrata sia il risultato di mille comprensibili incomprensioni amministrative.
