Finalmente si parla di prevenzione Hiv nelle scuole: meglio tardi che mai, no?

Finalmente si parla di prevenzione Hiv nelle scuole: meglio tardi che mai, no?

Parlare di prevenzione dell’Hiv nelle scuole non è certo una novità rivoluzionaria, ma almeno sembra muovere qualche passo avanti nel campo della comunicazione sessuale—o almeno così ci tengono a raccontarci. L’incontro appena tenutosi a Roma per l’iniziativa ‘Hiv Call 2025-2026 – Regione Lazio’ ha mostrato solo la punta dell’iceberg di un problema molto più profondo e stratificato, ma naturalmente, nessuno si aspetta che una singola conferenza risolva decenni di disinformazione e paure radicate.

Secondo Rita Bellagamba, infettivologa e vicepresidente di Anlaids Lazio, serve molto di più del semplice “parlare”: bisogna far capire alle persone che queste malattie sessualmente trasmissibili esistono davvero, e pure nel 2025 qualcuno gioca ancora a nascondino sperando che spariscano.

Rita Bellagamba racconta l’esperienza con i ragazzi nelle scuole, un vero spasso di contraddizioni: spesso i giovani attingono informazioni a casaccio dai social media, quelli stessi luoghi che sfornano fake news a ritmo industriale, oppure evitano semplicemente di parlare in famiglia, terrorizzati dalle reazioni genitoriali. Ma quando si trovano in aula, anzi, sorpresa delle sorprese, si aprono e tirano fuori tutta la curiosità che avevano nascosto per paura dei giudizi.

Insomma, le scuole diventano un palcoscenico perfetto per spiegare che esistono prevenzioni come la PrEP (profilassi pre-esposizione) e la PEP (profilassi post esposizione), che sembrano tecnicismi complicati ma in realtà sono strumenti preziosi per chi vuole evitare brutte sorprese. Peccato che per molti ragazzi il primo, imprescindibile passo sia ancora il preservativo, un tasto dolente perché “costoso” oppure “usato male”. Complimenti alla rivoluzione sessuale, evidentemente ancora in pieno rallentamento.

Ma non è finita qui, perché non basta sapere come evitare l’Hiv o altre malattie sessualmente trasmissibili. L’esperta sottolinea con delicatezza che bisogna parlare anche di affettività e sessualità. Un dettaglio non di poco conto: vivere serenamente i propri sentimenti e la propria vita sessuale, capire le esigenze dei più giovani, sarebbe persino una strategia anti-violenza di genere. Insomma, non solo preservare corpi, ma anche menti, sentimenti e rispetto reciproco, una vera rivoluzione culturale in piazze dove troppo spesso si respira ignoranza e pregiudizio.

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