Sanità italiana scopre che evitare il mal di schiena fa risparmiare 2 miliardi di dollari l’anno: chi l’avrebbe mai detto?

Sanità italiana scopre che evitare il mal di schiena fa risparmiare 2 miliardi di dollari l’anno: chi l’avrebbe mai detto?

I disturbi muscoloscheletrici, dal classico mal di schiena lombare alla cervicalgia fino ai vari traumi da sovraccarico, non sono solo una scocciatura personale: sono una vera piaga sociale ed economica. Questi malanni sembrano fare strage soprattutto tra le donne e chi ha superato i 50 anni, andando a colpire ancor più duramente gli over 65, che si ritrovano intrappolati in un circolo vizioso di dolore, limitazioni e costi. Se qualcuno pensava che fossero solo fastidi temporanei, ecco la notizia: rappresentano la prima causa di disabilità nel mondo e ogni anno l’Italia deve sborsare più di 2,65 miliardi di dollari tra cure mediche e perdita di produttività, senza contare i pensionamenti anticipati che fanno ripiombare gli anziani non in vacanza ma nell’inattività forzata.

Nel frattempo, la geniale idea della prevenzione sembra essere quella che può liberare davvero le casse statali: secondo il più recente Global Health Inclusivity Index, un bel salto negli investimenti preventivi potrebbe far risparmiare all’Italia da sola oltre 2 miliardi di dollari all’anno. E se vi pare tanto, beh, a livello globale si parla di oltre 50 miliardi tra minori spese sanitarie e chilometri di produttività recuperata.

Il famigerato Health Inclusivity Index si occupa di misurare quanto i sistemi sanitari di 40 Paesi – in giro per il mondo e con diverse economie – riescano davvero a includere chi, per natura o sfortuna, si ritrova ai margini della salute. Il presupposto – quasi rivoluzionario – è che tutti siano degni di accedere a un buon tenore di salute fisica, mentale e sociale. Magia? No, semplicemente una fotografia brutale e dettagliata di cosa succede a chi si ritrova più fragile, spulciando fra politiche sanitarie, infrastrutture, testimonianze di pazienti e – ovviamente – numeri e costi.

Donne e anziani: il duo d’assi dei disturbi muscoloscheletrici

Se pensavate che l’artrite reumatoide fosse una malattia “gender neutral”, vi sbagliate di grosso. Le donne ci si trovano a combattere il 175% più spesso degli uomini, e per tutto quel gran mal di schiena… beh, loro colpiti il 50% in più. Peccato però che, nel grande circo della ricerca clinica, questo “particolare” venga spesso sottovalutato o ignorato: quindi cure meno su misura, senza sorprese, con risultati che lasciano a desiderare.

Ironia della sorte, i disturbi muscoloscheletrici sono la causa principale di spesa sanitaria per le donne italiane, con un conto annuo che supera i 23,4 miliardi di dollari. L’Health Inclusivity Index suggerisce che una miglior prevenzione – croce e delizia di ogni sistema sanitario – potrebbe far risparmiare al lungo termine ben 51 miliardi a livello mondiale solo nel gentil sesso, con un evidente calo di costi e sofferenze.

Gli older adults, invece, non sono da meno. Quando si parla di chi supera i 50 anni, lombalgia, cervicalgia, artrosi al ginocchio e artrite reumatoide sono i loro compagni di vita più fedeli, e non esattamente quelli piacevoli. Nel carnet dei costi, quattro di queste principali condizioni muscoloscheletriche costano la modica cifra di 121 miliardi di dollari l’anno solo nei Paesi monitorati dall’indice, senza dimenticare le conseguenze delle temute fratture dell’anca e della colonna vertebrale, altrettanto caro biglietto.

Dunque, sembra proprio che il mantra “prevenire è meglio che curare” non sia una frase fatta, ma una verità economica e sociale che però fatica ad attecchire. Se solo si investisse con intelligenza in programmi di prevenzione mirati e inclusivi, si potrebbero evitare sofferenze inutili, risparmiare miliardi e – cosa più importante – migliorare davvero la qualità delle nostre vite. O forse serve solo urlare un po’ più forte che la prevenzione non è una spesa, ma l’unico modo per non dover piangere poi sulle spese folli per cure, riabilitazioni e pensioni anticipate.

Fabrizio Gervasoni, medico fisiatra e direttore del Dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitativa del Municipio 2 di Milano, ci illumina con la sua saggezza:

“La salute muscoloscheletrica è decisiva per garantire autonomia e una partecipazione attiva alla vita sociale. I dati del Global Health Inclusivity Index non sono lì per decorare: una gestione precoce di queste condizioni non solo riduce la disabilità, ma ha anche un impatto economico sostenibile per la collettività. Investire in diagnosi tempestiva, facilitare l’accesso alle cure, promuovere programmi di esercizio e percorsi educativi e riabilitativi è fondamentale per un invecchiamento sano e attivo.”

Come se non bastasse il medico, a fare da prima linea nel campo della prevenzione troviamo il farmacista di quartiere, che sembra la panacea per tutti i mali muscolari e ossei. Paolo Levantino, farmacista clinico e segretario nazionale di Fenagifar, ci ricorda che la farmacia è quel posto vicino a casa dove, oltre a prendere gli analgesici, si può anche imparare a non far esplodere il proprio corpo di dolore.

“La farmacia di comunità è il presidio sanitario più accessibile, un hub di ascolto e di educazione alla prevenzione che aiuta a riconoscere i segnali del corpo, ad adottare stili di vita corretti e a fare del movimento una vera e propria terapia. Il farmacista non è soltanto chi consiglia un rimedio, ma chi accompagna verso scelte di self-care informate e responsabili, garantendo sicurezza ed efficacia. In questo modo diventa un alleato dell’invecchiamento attivo, rafforzando autonomia e partecipazione alla cura della propria salute.”

Nel caleidoscopio delle iniziative dedicate all’invecchiamento sano, Haleon gioca la sua partita con un percorso che – sorpresa – punta a trasformare la longevità da rogna a opportunità. Nulla di rivoluzionario in un Paese tra i più longevi al mondo, dove valorizzare il ruolo sociale degli anziani e ridurre lo stress al sistema sanitario sono obiettivi di raffinata ovvietà.

Davide Fanelli, General Manager Southern Europe e Italia di Haleon, conclude con la gentilezza di un oracolo aziendale:

“Il mese dell’Healthy Aging, che celebriamo a settembre, dimostra che prevenzione e self-care hanno smesso di fare i fenomeni da baraccone e si sono finalmente consacrati a strategie fondamentali per vivere meglio e più a lungo. In Haleon crediamo che la longevità possa essere una fase di vita di qualità e autonomia, a patto che le persone abbiano accesso a informazioni chiare e soluzioni concrete. Il nostro impegno è rendere la salute più comprensibile, accessibile e inclusiva, accompagnando ciascuno nella trasformazione della longevità in una fase di vita davvero preziosa.”

Quindi, ricapitolando: dolori e acciacchi costano un capitale ma, se seguiamo le istruzioni su come vivere la vita “giusta” e ce lo fa ricordare ogni medico, farmacista e campagna pubblicitaria, forse riusciremo a soffrire di meno e a gravare meno sulle casse pubbliche. Chiaramente, tutto ciò riguarda soprattutto chi ha voglia, tempo e voglia di ascoltare – perché si sa, l’ottanta più corre e meglio sta, ma chi non riesce a correre è comunque invitato a provarci. E se poi non funziona, pazienza: almeno ci hanno provato a venderti una buona storia di invecchiamento attivo e sostenibile.

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