Se c’era qualcuno che pensava che la moviola fosse solo un’aggiunta frivola al racconto sportivo, beh, è il momento di ricredersi in modo definitivo. È morto Carlo Sassi, l’innovatore Rai dietro quel piccolo miracolo televisivo che ha rivoluzionato il modo di guardare il calcio e, di riflesso, lo sport tutto. Aveva 95 anni, un’età che fa sembrare i suoi meriti ancora più antichi e preziosi.
Carlo Sassi non era un semplice cronista sportivo. Era il volto iconico della Domenica Sportiva, quella che per generazioni è stata la bibbia domenicale per milioni di appassionati, e un ospite fisso di Quelli che il calcio, dove con la sua presenza portava un tocco di autorevole saggezza sportiva.
La vera rivoluzione arriva nel 1967, anno in cui decide di introdurre la moviola in televisione — una genialità che ha permesso a milioni di spettatori italiani di vedere e rivedere ogni gesto, fallo, gol o fallo da rigore con un dettaglio maniacale, distruggendo l’alibi perfetto di chi, fino a quel momento, si era affidato all’istinto cieco degli arbitri. Insomma, la moviola non solo ha cambiato lo sport in tv, ha trasformato il modo stesso di viverlo.
La Rai, ovviamente, si è fatta sentire con una nota di commiato tanto formale quanto doverosa, dove definisce Sassi un “pioniere dell’uso della moviola” e un innovatore capace di “cambiare il modo di raccontare il calcio e lo sport in televisione”. Come se negli ultimi cinquant’anni qualcuno fosse riuscito a fare qualcosa di meglio.
Se c’è una cosa che si può riconoscere a Carlo Sassi è il rigore con cui ha accompagnato i telespettatori, mettendo sempre davanti la passione e lo sguardo critico. Non si trattava solo di cronaca sportiva, ma di un modo nuovo di narrare, di interpretare, di far discutere famiglie e tifosi nelle domeniche di pioggia o di sole.
In un mondo dove tutto corre veloce e si dimentica altrettanto rapidamente, il suo lascito resta indelebile. Perché la moviola, quella che oggi ci sembra ovvia come l’aria che respiriamo durante una partita, è nata dall’ingegno di uno che ha deciso di sfidare il racconto a caldo, l’improvvisazione, il “te l’avevo detto”.
Carlo Sassi, insomma, non se ne è andato semplice spettatore: ha trasformato la partita in uno spettacolo dove ogni dettaglio conta davvero, per il bene e il male dei protagonisti in campo, ma anche — e soprattutto — per il godimento del telespettatore allenato a cercare la verità nei fotogrammi.
Un addio che è più un grazie per averci insegnato a guardare con occhi più attenti e meno ingenui, in un mondo sportivo che senza di lui sarebbe ancora prigioniero del tifo cieco e delle polemiche vuote.



