La sindaca Angela Testone ha proclamato il lutto cittadino come “segno di vicinanza e rispetto verso una donna che ha donato tantissimo al paese”. Quel che resta è un esempio di dedizione che scuote la coscienza di tutti, ma non cambia la cruda realtà di una locandina sanitaria colabrodo.
Il Comune di Dorgali non ha perso tempo nel definire la perdita di Maddalena “una ferita profonda per la comunità ”. La dottoressa, con grande professionalità e umanità , aveva accompagnato tante persone “con cura e sensibilità ”. Ironia della sorte, durante il weekend che le sarebbe stato più caro, si è deciso di non cancellare la manifestazione “Autunno in Barbagia”, ma di continuare “nel segno della sobrietà che il lutto impone”. Insomma, festeggiamo, ma con il lutto come sfondo, perché la memoria va onorata senza perdere la faccia.
Per rendere omaggio a quella che è stata l’unica certezza per migliaia di cittadini, questa edizione sarà dedicata a Maddalena Carta, la donna che ha garantito la sua presenza anche nei posti di pronto intervento durante le giornate di Cortes Apertas, offrendo sicurezza e serenità – prima di essere vittima di quella stessa mancanza di sicurezza che purtroppo lei rappresentava.
Un sacrificio che racconta l’amara verità su medici e sistema sanitario
Luciano Congiu, segretario regionale della Sardegna per il Sindacato Medici Italiani, commenta con una punta di amarezza: “Maddalena Carta era rimasta l’unico punto di riferimento sanitario in una zona gravemente carente di personale. Il suo sacrificio è la fotografia impietosa dell’insostenibile peso che grava sui medici di famiglia.”
Non ci vuole un genio per capire che scegliere tra la propria salute e il dovere professionale è un’offerta che nessuno dovrebbe mai essere costretto a fare. Ma Maddalena, pare, ha ignorato i segnali del suo corpo per non lasciare soli i pazienti, soprattutto considerando che anche gli altri due medici di famiglia di quella zona erano assenti per malattia.
Il sindacato medici mette il dito nella piaga senza mezzi termini: questa è una morte sul lavoro, e dunque inaccettabile per un paese che si voglia definire civile. Non serve piangersi addosso con i soliti “cordogli”. Serve che le istituzioni, sia regionali che nazionali, si attivino con decisioni concrete per proteggere la salute di chi protegge la nostra, e garantire così il diritto all’assistenza medica per tutti. Perché no, non è più ammissibile che i medici di base siano gli unici lavoratori a cui vengono negati i diritti e le tutele previste per qualsiasi altro professionista.
Da anni il sindacato chiede almeno che l’INAIL riconosca l’infortunio sul lavoro anche ai medici di famiglia e che vengano previsti indennizzi adeguati in caso di decesso dovuto a cause professionali, ma finora nulla è cambiato. Che tristezza vedere quanta burocratica lentezza si frapponga tra il lutto di una comunità e la giusta riforma del sistema sanitario.
I camici bianchi non vogliono solo commemorazioni: la memoria di Maddalena Carta deve diventare pistone di una vertenza seria per tutelare davvero chi ogni giorno mette la propria salute in gioco per prendersi cura degli altri. Perché la sua morte non resti un triste capitolo isolato, ma un monito sconvolgente al sistema che continua a macinare morti per negligenza istituzionale.



