L’Europa sta vivendo grandi rivoluzioni tecnologiche, demografiche ed epidemiologiche, o almeno così dicono i dati. La vera domanda però è un’altra: che tipo di società vogliamo davvero costruire? Una società sicura, coesa e che garantisca la salute a tutti, ovviamente. Perciò il welfare sanitario diventa una priorità da manuale. Non parliamo di previdenza o lavoro, che seguono corsi e ricorsi storici a parte, ma di un sistema sanitario robusto e accessibile, la pietra angolare per un futuro decente. Perché senza salute, addio crescita, addio coesione sociale e addio sicurezza. In Italia, oltre il 23% della popolazione ha superato i 65 anni e, surprise, le strutture sanitarie sono sempre più sotto pressione. Dare agli anziani non solo anni in più, ma anni con un minimo di dignità significa investire davvero sul domani. Tagliare la spesa sanitaria proprio ai danni dei più deboli? Sarebbe, per usare un eufemismo, un tradimento totale della missione europea.
Francesco Vaia, ex direttore della Prevenzione al ministero della Salute e attualmente nell’Autorità garante nazionale per i diritti delle persone con disabilità, ci regala un’interessante lezione sulle priorità di oggi nella sua ultima riflessione sulle colonne de Il Messaggero.
Tre pilastri per il futuro, dice: invecchiamento attivo, prevenzione e medicina predittiva. L’invecchiamento, sorpresa delle sorprese, non è la fine del mondo o il tramonto della vita, ma una fase che si può – anzi, si deve – gestire con un minimo di cervello. E per i sostenitori della salute pubblica che amano i numeri, Vaia snocciola: ogni euro speso in prevenzione può restituire fino a 14 euro in valore economico e sociale. Ma non è finita qui: se solo l’1% degli italiani cominciasse a muoversi per una mezz’ora e mezza a settimana, beh, il sistema sanitario risparmierebbe la bellezza di 223 milioni di euro ogni anno. Niente male come investimento, no?
Per chi ama gli esempi pratici, sappiate che fino al 60% delle malattie croniche e circa il 40% dei tumori si potrebbero evitare con stili di vita più sani, una dieta decente, una camminata regolare e magari un po’ meno aria marcia da respirare. Parliamo quindi di prevenzione concreta, non di sogni irraggiungibili.
Ovviamente, sul territorio non mancano piccole iniziative che dimostrano come, se si volesse, con i programmi di screening oncologici o le campagne di educazione sanitaria nelle scuole si potrebbero ottenere risultati reali. Quelle che i burocrati chiamano ‘best practice’ italiane, e che pure potrebbero contagiare e ispirare a livello europeo. Proteggere i più fragili, rafforzare la coesione sociale e anticipare le malattie non sono slogan da conferenza, ma l’unico modo sensato per costruire una società solida e resiliente.
Perché investire nel welfare sanitario non è un costo da tagliare alla prima crisi di panico fiscale: è il fondamento su cui poggia una società che vuole, udite udite, vivere pienamente. Rafforzare prevenzione, invecchiamento attivo e medicina predittiva vuol dire scegliere la vita, l’inclusione e la solidarietà, e non certo favorire frammentazioni o sprechi. Quindi, prima di ridurre gli investimenti, forse qualcuno dovrebbe rileggersi queste evidenze con un po’ più di attenzione, invece di nascondersi dietro ai soliti alibi.



