Con l’ultima stipula della convenzione per i centri anziani di Monti e Colonna, il I municipio di Roma Capitale si fregia di aver completato il miracoloso “percorso di trasformazione” di tutti i suoi centri. Sembra quasi una saga epica, ma in realtà si tratta di affidare ben 12 centri di aggregazione sociale ad associazioni di promozione sociale, come se fosse il premio Nobel della gestione di spazi comuni. Alla festa della firma hanno partecipato le solite figure di riferimento: la presidente del I municipio, Lorenza Bonaccorsi, l’assessora alle Politiche Sociali e Pari Opportunità, Claudia Santoloce, e il direttore Pasquale Libero Pelusi, pronti a inaugurare questo nuovo entusiasmante capitolo.
Nel frattempo, queste “case sociali” stanno diventando luoghi sacri di incontro per tutti, con l’eco di slogan che inneggiano all’inclusione intergenerazionale e al benessere collettivo, come se bastasse un centro anziani per risolvere decenni di dispersione sociale e disinteresse politico. Non poteva mancare la dichiarazione di rito della presidente del municipio, vera maestra nell’arte di trasformare una semplice apertura di centro sociale in un evento dal sapore rivoluzionario:
Lorenza Bonaccorsi ha detto:
“Questo passaggio rappresenta un traguardo fondamentale per la nostra amministrazione. Con questa iniziativa rafforziamo la rete sociale del Municipio I, promuovendo un modello di gestione che mette al centro la partecipazione attiva e il protagonismo civico ma che vede nell’amministrazione municipale una vera e propria reciprocità”.
Impressionante, vero? Un traguardo “fondamentale” che di fatto consiste nel conferire in gestione a qualche associazione quei centri che, fino a ieri, probabilmente giacevano lì in attesa di una bacchetta magica. Non c’è dubbio: il concetto di “reciprocità” tra istituzione e cittadini ha toccato vette di originalità degne dei migliori romanzi di fantascienza amministrativa.
Nel mondo reale, mentre si scambia questo fazzoletto di territorio come se fosse l’ultima isola felice della socialità capitolina, si dimenticano per strada i dettagli più puzzolenti: fondi, reale partecipazione, senso pratico. Ma tranquilli, nell’ufficialità tutto sembra filtrare da un prisma rosa, dove la gestione associativa è il nuovo toccasana per il declino delle periferie, e ogni firma diventa una pietra miliare.
Benvenuti dunque nel circo delle “buone pratiche”, dove il sipario si apre su un palcoscenico trionfale chiamato “Partecipazione Attiva” e il pubblico è solleticato da promesse di civismo e di comunità solidale. Nel frattempo, però, i problemi concreti restano a guardare, in attesa di una prossima convenzione a effetto speciale.



