Finalmente le cure diventano serie: ora ci facciamo pure i percorsi efficaci e sostenibili, non solo chiacchiere

Finalmente le cure diventano serie: ora ci facciamo pure i percorsi efficaci e sostenibili, non solo chiacchiere

In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer, che cadrà domenica 21 settembre, la Società Italiana di Neurologia ci offre l’ennesimo appello solenne perché la malattia non venga più trattata come un fastidioso dettaglio secondario, ma diventi una priorità sanitaria e sociale—non solo nella solita Italia, ma in tutto il mondo, perché mica siamo gli unici ad avere problemi, vero?

Secondo questa autorevole istituzione, la ricerca ha fatto progressi da applausi: farmaci innovativi e biomarcatori sempre più precisi promettono diagnosi precoci come mai prima d’ora. Peccato che tutto questo rischi di rimanere più un fuoco di paglia che una rivoluzione, se non si cambia radicalmente l’approccio organizzativo alla cura dei pazienti, trasformando le splendide scoperte scientifiche in un sistema che funzioni davvero per chi le deve vivere sulla pelle.

Alessandro Padovani, presidente della Sin, è chiarissimo:

“L’arrivo di nuovi trattamenti e strumenti diagnostici segna sicuramente un punto di svolta nella storia dell’Alzheimer, ma da soli non bastano. Convertire questi risultati in benefici concreti richiede un sistema capace di sfruttare questa occasione, strutturando percorsi completi che vadano dalla prevenzione alla gestione delle fasi più avanzate. Serve una diagnosi precoce, un accesso rapido e favorire un approccio multidisciplinare che integri aspetti clinici, cognitivi, funzionali e sociali. Solo così potremo offrire risposte coerenti e non frammentate, tutelando qualità della vita e dignità.”

Meta sfuggente di qualsiasi riforma dopata a slogan, eh? La solita demenza, ormai ben nota e declamata come “malattia cronica” (finalmente!), dovrebbe smettere di essere vista solo come un’ineluttabile condanna da accogliere passivamente nelle fasi finali. Ora la missione è rallentare, mitigare e in generale fare bella figura con un supporto continuo fin dai primi sintomi.

Ecco allora che la Sin reclama modelli assistenziali integrati, che accompagno il paziente lungo tutto il tunnel della malattia senza sosta, uniformemente—il che suona un po’ come la solita minaccia alle disuguaglianze geografiche, ma stavolta con tono presidenziale.

Prevenzione, diagnosi, terapie farmacologiche e sostegno per familiari e caregiver devono diventare tappe di un unico sistema unitario, accessibile e – sempre parole magiche – “orientato alla persona”. Impossibile, vero?

La Giornata mondiale dell’Alzheimer viene dunque celebrata come l’occasione ideale per riportare alla ribalta una delle sfide più complesse del nostro tempo, anche se—diciamocelo—per molti perfino nominarla resta un fastidio.

La Società Italiana di Neurologia rinnova quindi il suo impegno a collaborare con istituzioni, professionisti e società civile per costruire insieme un “modello di assistenza più preparato, più umano e capace di evolvere con la scienza”. Tradotto: più pacchetto di promesse, meno soluzioni di fatto.

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