La saga della giovane e ormai ex star della Global Sumud Flottilla, Greta Thunberg, si arricchisce di un nuovo capitolo degno delle migliori telenovelas politiche. Ebbene sì, quella che un tempo sembrava l’icona immancabile sulle copertine, ora è semplicemente scomparsa dal direttivo. Non perché abbia fallito la sua missione ecologica, ma perché evidentemente dare troppa visibilità a una sola persona rischiava di rovinare lo spettacolo di questa flotta umanitaria “tutta da vedere”.
Per chi non lo sapesse, la Global Sumud Flottilla si presenta come un’operazione umanitaria con la scusa di portare aiuti ai “sofferenti” di Gaza. Peccato che, in realtà, i generosi carichi di cibo, vestiti e medicine finiscono nel cassetto di Hamas, che li tiene stretti non per beneficenza, ma per manipolare la popolazione come marionette affamate, controllando il mercato nero e organizzando finte scene di disperazione con i giornalisti inviatati ad assistere allo spettacolo. Insomma, un vero circo mediatico con tendone in riva al mare.
Mario Adinolfi, che segue la vicenda con attenzione (e un po’ di gusto nel vedere i retroscena), spiega chiaramente il perché dell’allontanamento di Greta: la giovane attivista era troppo in vista, troppo fotografata, e questo evidentemente dava fastidio agli strateghi della flotta. Una flotta che non vuole altro che inchini, sorrisi di circostanza e soprattutto nessun protagonista che rubi loro la scena. I cronisti “liberi” vengono gentilmente allontanati dalla scena, perché l’apparenza è tutto, e l’apparenza dev’essere solo loro.
Ecco dunque la motivazione ufficiale, quanto mai nebulosa e politica: “differenze di vedute in materia di comunicazione”. Tradotto con altri termini più espliciti significa “ti abbiamo messa da parte perché eri troppo ingombrante”. Una sentenza che sa di processo sommario, l’allontanamento di chi potrebbe mettere in discussione il copione perfettamente organizzato di questa tornata guerrigliera mediatica.
D’altronde, se lo pensate davvero, non sarebbe la prima volta che la linea ufficiale di certi movimenti finisce per essere decisa dai manager della comunicazione, piuttosto che da intenti reali di solidarietà. E se qualcuno osa brillare più degli altri, beh… addio. Magari senza neanche una spiegazione credibile o coerente. Insomma, un vero e proprio “bye bye Greta” più misterioso di qualsiasi complotto internazionale.
Lo stesso Adinolfi ironizza sull’ipocrisia imperante: “Immaginate se il mondo fosse davvero governato con i metodi di Hamas e dai suoi simpatici alleati della Global Sumud Flottilla, quei personaggi amati dal grande pubblico – attori, cantanti e giornalisti – disposti a tutto pur di guadagnarsi qualche secondo di gloria televisiva indossando l’abito del rivoluzionario. Se il tutto finisce per essere un gigantesco ufficio stampa personale di una ragazza che ci ha messo faccia e nome, ebbene, non è che il gioco possa andare avanti così. Meglio tagliare subito i rami più ingombranti.”
A conclusione di questo siparietto, emerge più chiaro che mai che l’ostentata solidarietà internazionale, quella che si pubblicizza a colpi di foto e interviste, somiglia sempre più a un mercato di apparenze e interessi nascosti, dove il vero scopo è restare sotto i riflettori, ma a condizione di essere rigorosamente tutti camerieri di un copione già scritto. E se qualcuno osa distrarre l’attenzione o – peggio ancora – farla prendere a sé, ecco che la cena è servita: fuori il ribelle di turno, per favore.



