Roma inaugura un centro antiviolenza e improvvisamente tutti diventano paladini di Giulia: applausi o ipocrisia?

Roma inaugura un centro antiviolenza e improvvisamente tutti diventano paladini di Giulia: applausi o ipocrisia?

Se pensavate che aprire un centro antiviolenza fosse solo una questione di facciata e paroloni vuoti, vi sbagliavate di grosso. È infatti il nuovo centro “Appia Annia Regilla” a Roma, frutto della scintillante alleanza tra la Fondazione Giulia Cecchettin e l’associazione Differenza Donna, a mostrare come passare dalle chiacchiere ai fatti – o almeno provarci.

Gino Cecchettin, ovvero chi ha deciso di mettere un nome e una fondazione dietro questa operazione, non si è limitato a dire “aiutiamo le donne”. Ha infatti annunciato la nascita di un centro antiviolenza e un percorso di formazione specifico rivolto alla Polizia di Stato. In altre parole, un doppio intervento: da un lato, offrire risposte più immediate e competenti a chi denuncia, dall’altro insegnare a chi dovrebbe proteggerle come fare il proprio mestiere con un minimo di efficacia.

Che novità strabiliante, non trovate? Finalmente si porta sul serio l’attenzione sulla violenza di genere, non più solo parole stantie e occasioni di immagine. Perché, come sottolinea Cecchettin, si tratta di onorare la memoria di Giulia non con frasi di circostanza ma con azioni concrete. Certo, anche i miracoli vogliono il loro tempo.

La presidente di Differenza Donna, Elisa Ercoli, dal canto suo non ha perso occasione per sottolineare la presunta lungimiranza di questa collaborazione:

“Questa partnership avrà la determinazione, la forza e la visione per sostenere le donne che cercano di uscire dalla violenza.”

Secondo Ercoli, il centro antiviolenza non sarà un mero sportello, ma un presidio nazionale capace di “accogliere, orientare e sostenere” le donne, dando anche una bella spolverata alle radici di quegli ostacoli strutturali che, guarda un po’, affliggono la nostra società italiana da chissà quanto tempo.

Non basta però accogliere le vittime, bisogna pure addestrare chi dovrebbe proteggerle, cioè le Forze di Polizia, perché sappiamo tutti che bastano qualche corso per ribaltare decenni di machismo istituzionalizzato. Ma la fantasia è gratis e si tira avanti così, sempre con la solita promessa di “lavoro serio, continuo, determinato e sapiente”. Chissà quale magica pozione la formazione produrrà.

Formare cento poliziotti per cambiare la storia della violenza di genere

Come ciliegina sulla torta di questo grandioso progetto arriva la formazione di oltre 100 operatori della Polizia di Stato, che già in passato ha dimostrato una notevole attitudine nel gestire con sensibilità temi così delicati.

Maria Luisa Pellizzari, ex vicecapo della Polizia e oggi nel consiglio d’amministrazione della Fondazione Cecchettin, ha commentato l’iniziativa con il dovuto entusiasmo iperformativo:

“La sinergia tra istituzioni e associazioni è sempre stata la carta vincente della Polizia nella lotta alla violenza di genere. La conoscenza del fenomeno, gli strumenti operativi e normativi in continua evoluzione sono fondamentali per formare adeguatamente gli operatori.”

L’operazione “Riconoscere, Intervenire, Sostenere” non è altro che un altro tassello nel grande mosaico di campagne e sensibilizzazioni che popolano il calendario della Polizia di Stato. Una bella fotografia della teoria, la domanda è quanto tutto questo si traduca in risultati concreti sul campo, laddove la violenza resta un problema endemico e spesso ignorato o sottovalutato.

Insomma, tra dichiarazioni di intenti, buone pratiche e progetti faraonici, rimane da vedere se queste belle parole sapranno scuotere davvero una società che continua a sottovalutare la gravità della violenza maschile e le sofferenze di chi ne è vittima. Ma, almeno per stavolta, proviamo a crederci – anche se con la consueta dose di sano scetticismo.

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