Quando dieci anni non sono più un’età: la scioccante saga di abusi sessuali su una dodicenne che nessuno voleva vedere

Quando dieci anni non sono più un’età: la scioccante saga di abusi sessuali su una dodicenne che nessuno voleva vedere

Il caso di presunta violenza sessuale su una bambina di dodici anni, con coinvolgimento di un minore e di un diciottenne, si tinge di nebbie di riserbo e vaghezza, mentre la giustizia si muove a passo di lumaca tra sequestri di telefonini e tablet. Secondo l’accusa, gli abusi risalirebbero al 2023, periodo in cui la vittima aveva appena dieci anni, ma naturalmente tutto è ancora da dimostrare, perché qui stiamo parlando di minori: mica si può correre troppo.

L’avvocato Alessandro Margiotta si affretta a dichiarare che il suo assistito “si dice estraneo alle accuse così come contestate”, una frase che suona come un sospiro di speranza in un mare di incertezze. Nel frattempo, le forze dell’ordine hanno fatto sparire tutti i dispositivi elettronici dei due giovani, pronti per un accurato esame, naturalmente nell’ambito di “accertamenti irripetibili”: una definizione che sa tanto di mistero rituale.

Dalla parte della presunta vittima, invece, la narrazione è più definita: la dodicenne ha avuto la forza di confidarsi con i genitori, che a loro volta hanno preso la decisone – ammirevole, a dir poco – di rivolgersi a un centro antiviolenza, seguita poi dalla denuncia alla procura dei minori de L’Aquila. Ma non finisce qui: la denuncia è stata girata anche a Sulmona, perché il diciottenne indagato risiede proprio lì. Insomma, una partita giudiziaria che si muove tra province e prende la forma elegante di un rompicapo burocratico.

Margiotta richiama l’attenzione sull’importanza del riserbo, ovviamente dettato dall’età dei coinvolti, sottolineando che siamo ancora nell’”embrionale” fase dell’inchiesta, come se questo dettaglio servisse a rassicurare qualcuno. E ci tiene a ribadire, con quella dose di ipocrisia legale che non guasta mai, che se i fatti denunciati fossero veri, beh, allora la vittima sarebbe senz’altro la persona offesa. Incredibile rivelazione, non c’è che dire.

Una vicenda di presunta violenza familiare che solleva più domande che risposte

Non appena la denuncia è uscita allo scoperto, il rischio vero è che questa storia si trasformi in una partita a scacchi opaca tra avvocati e procuratori, con una pressione mediatica che, visto il delicato contesto di minori, dovrebbe essere trattata con guanti di velluto ma non senza una sana dose di critiche su come si gestiscano questi casi. Il fatto che gli abusi sarebbero stati filmati e diffusi su Whatsapp apre inoltre inquietanti riflessioni sul ruolo della tecnologia nell’aggravare drammi personali tra i più giovani. E mentre si aspetta che si accendano i riflettori ufficiali dell’inchiesta, la domanda che rimane sospesa è se questa vicenda diventerà un’occasione per interventi concreti, oppure resterà solo un ennesimo caso da archiviare rapidamente, pur di non disturbare troppo le apparenze.

Nel frattempo, i giovani protagonisti, accusati ma ancora presumibilmente innocenti, subiscono già il peso di un’accusa che, per quanto “presunta”, lascia macchie indelebili sulle loro esistenze. È un gioco crudele quello che si mette in scena, tra verità da scoprire e segreti da custodire, dove ogni parola pesa come un macigno e il pubblico resta a guardare, forse un po’ troppo distratto dalle contraddizioni che emergono nel racconto ufficiale.

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