Nel 2023 mi hanno dato una sentenza: due anni di vita. Per fortuna, vivere con la condanna di due tumori incurabili sembra diventare la nuova moda del coraggio, secondo Simone Bilardo>, che racconta la sua “splendida” odissea nel podcast One More Time.
Simone non è un eroe da fumetto, ma un uomo comune inchiodato a una prognosi implacabile. La sua diagnosi? Due tumori supercattivi, uno dei quali irrimediabilmente non asportabile. Come ci è arrivato? «Dopo una caduta, il giorno dopo nausea e mal di testa, vado in ospedale e scoprono tutto con una TAC». Classico colpo di scena da film drammatico, solo che è la sua vita reale.
La cura? Ah, la scelta tra endovena o pastiglie è il dettaglio di lusso. Indovinate? Ha scelto le pastiglie per preservare un briciolo di indipendenza, decidendo di iniziare una vita itinerante con sua moglie: otto mesi in Sardegna e otto mesi in camper. Una fuga romantica o un modo di sfidare la morte su quattro ruote? «Bellissimo», racconta.
Ma attenzione, la vera “guerriera” non è lui, Simone ci tiene a sottolineare. È la moglie, i genitori, i fratelli, gli amici: tutti in prima linea in questa tragicommedia sanitaria. Lui si considera semplicemente uno che ha già vissuto una vita “piena e bellissima”.
Conclude, quasi delicatamente, sul “buco più grande” che lascerà: non i tumori, non la sofferenza, ma il vuoto che si spalancherà nella vita della moglie, tra ricordi e oggetti da conservare, simboli di un’esistenza a cui è stato imposto un countdown spietato.